Il sassofonista Vittorio De Angelis ha lavorato al suo nuovo album “Believe Not Belong” con musicisti di tutto rispetto. Ne è uscito fuori un mix di soul, funk, jazz.

Ci approfondisci i tuoi studi musicali?

Io sono diplomato al Conservatorio e laureato al DAMS di Bologna. Ho frequentato anche molti seminari nei quali ho avuto il piacere di incontrare e conoscere grandi nomi del jazz (Jerry Bergonzi, Lee Konitz, Benny Golson, Tom Harrel ed altri). Ho studiato inoltre con Steve Grossman quando viveva a Bologna ed ho deciso poi di fare la mia tesi di laurea per il conservatorio proprio su di lui.

Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?

Parecchie esperienze hanno contribuito alla mia formazione. Dai primi concerti nei locali, con formazioni funk e jazz, ai concerti durante festival jazz in giro per l’Italia. Alcuni viaggi all’estero mi hanno permesso di suonare e conoscere altre realtà musicali. Sicuramente l’incontro con il leggendario sassofonista Steve Grossman ha segnato un cambiamento nel modo di approcciarmi alla musica ed allo studio del jazz. Ma anche il mio viaggio a Ny seppur breve è stato fondamentale per aprire ulteriormente la mente e lo spirito a nuovi stimoli.

E’ appena uscito il tuo nuovo album “Believe Not Belong”. Ce ne vuoi parlare?

Questo disco è il frutto di tutti i miei ascolti e di tutte le sensazioni raccolte nel percorso prima della sua realizzazione. In questo lavoro confluiscono vari stili e tendenze, dal Jazz/funk al soul, dall’Afrobeat allo stile New Orleans, tutti accomunati da una matrice fortemente black e afroamericana. Inoltre, per ottenere un sound più interessante ho pensato di usare la formula del doppio trio, con due batterie due tastiere e due fiati, in pratica due trii che potrebbero essere indipendenti ma che però suonano insieme. La formazione è composta da Domenico Sanna e Seby Burgio alle tastiere, Massimo Di Cristofaro e Federico Scettri alle 2 batterie, e alla tromba Francesco Fratini e Takuya Kuroda che ha suonato su due brani. Inoltre ha suonato il basso su due brani Aldo Capasso.

Quanto conta secondo te la passione, la costanza e la motivazione per avviare una carriera musicale?

La passione e l’entusiasmo sono aspetti importantissimi, ma è fondamentale soprattutto lo studio, ancora di più per chi sceglie un genere come il jazz che richiede un costante allenamento tecnico e mentale. L’impegno e la costanza in tutto quello che si fa, a breve o lungo termine, danno sempre dei frutti, è quasi una formula matematica.

Cosa pensi della situazione attuale riguardante i concerti?

É una situazione molto complicata. L’artista attualmente vive con frustrazione l’impossibilità di non potersi esibire dal vivo e per molti viene a mancare anche una fonte di guadagno, con tutte le problematiche che ne conseguono. In ogni caso non dobbiamo deprimerci e gettare le armi, ma continuare a studiare, a comporre e a pianificare, ad essere comunque pronti per quando si ritornerà sulla scena.

Quali sono i pro e i contro dell'era digitale?

Il digitale è sicuramente una grande risorsa per i musicisti e per chi opera nel settore. Oggi ti permette di realizzare cose che nel passato erano inimmaginabili, di avere accesso a tutta la musica che desideri ascoltare, agli spartiti e ai libri per studiare, ti permette di realizzare musica da solo e di collaborare con artisti a distanza. Ma lo svantaggio di tutto ciò è la alienazione dei musicisti cioè il pericolo di perdere prima di tutto l’ispirazione e poi la voglia di condividere l’esperienza musicale dal vivo, con gli strumenti reali e soprattutto con un pubblico a cui puoi guardare negli occhi.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro della musica?

Io penso che già stiamo vivendo nel futuro della musica, cioè in un situazione musicale che mai ci saremmo sognati di vedere. Non so immaginare cosa aspettarmi, ma so cosa spero di vedere nei prossimi anni, un mondo in cui le persone svilupperanno un maggiore interesse e curiosità per la per la buona musica e per gli eventi live.