Alessandro Crippa è un musicoterapeuta, ma anche artista. La sua visione della musica si riallaccia molto alla ''musicoterapia''. In particolare si è interessato alla salute psicofisica del paziente, e come la musicoterapia può aiutare a curarlo da una condizione di disagio e di malessere.


Quali sono stati i tuoi studi? E quali le esperienze più significative?


Ho approcciato la musica a dieci anni da autodidatta, cioè come una persona che da sola si informa, si educa e si istruisce. Ciò che ho studiato e come l’ho studiato ha sempre dovuto rispettare un’unica caratteristica: quella di divertirmi, di dilettarmi. In questo senso mi ritengo un assoluto dilettante, dal momento che ciò che ho fatto e che faccio risponde principalmente all’esigenza di darmi diletto e piacere. Queste sono le modalità con cui mi sono avvicinato alla musica e che mi hanno formato come compositore e musicista. Alcuni episodi legati al mio percorso musicale mi hanno particolarmente colpito per la loro violenta aderenza alla realtà, ma sono tutti indescrivibili in questa sede per la loro natura intima e misteriosa che necessiterebbe di lunghe metafore per essere raccontata. Posso, però, dire sinteticamente che la musica ha in sé alcune “leggi naturali” che possono essere benissimo usate nella vita quotidiana, con grandi benefici per il singolo essere umano e per la società. Ad esempio, attraverso la musica è possibile pensare un apparato giuridico che funzioni in termini di “armonia musicale”. Non c’è di che stupirsi, dal momento che la musica (e tutta l’arte) è direttamente collegata al contesto sociale in cui nasce. L’arte influenza la società tanto quanto la società influenza l’arte. Ne consegue che cambiando l’uso che facciamo dell’arte cambiamo anche il nostro sistema sociale. Con le parole di H. Hesse: “In un’epoca ordinata la musica è calma e serena, e il governo è moderato. In un’epoca agitata la musica è chiassosa e collerica, e il governo corrispondente va a rotoli. In uno stato in declino la musica è sentimentale e triste, e il governo è in pericolo.”


Ti dedichi all'attività di musicoterapeuta. In che modo la musicoterapia può aiutare le persone nella loro vita quotidiana?


Per aiutare le persone nel quotidiano sto collaborando al progetto Eusonica in qualità di compositore di musiche-trattamenti. Eusonica è una chaise-longue, prodotta da Euracom, che consente di ascoltare musica in due modalità differenti, ma all’unisono. L’ascolto avviene contemporaneamente attraverso le cuffie (note musicali) e attraverso il corpo (frequenze-vibrazioni), così da far “vibrare” assieme la mente ed il corpo. Una volta che questi sono all’unisono (“hic et nunc”, dicevano i Latini) si crea la condizione essenziale per “muoversi” psicofisicamente, il cosiddetto “qui ed ora”. Le musiche sono quindi realizzate appositamente per dirigere specifici percorsi emotivi. Inoltre, attraverso l’ascolto binaurale, Eusonica consente il risveglio di predeterminati neurotrasmettitori. Non è filosofia o teoria della salute, ma un’attività pratica, estremamente fisica: le note-frequenze sono infatti onde meccaniche, anche quelle che non riusciamo a percepire con l’udito. Anzi, spesso è assolutamente puntuale e rivelatore il punto di vista de “Il piccolo principe”: “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Allo stesso modo, anche ciò che non è udibile con le orecchie è essenziale. Inoltre va detto che per aiutare le persone la musicoterapia DEVE essere vissuta nel quotidiano. Non basta sottoporsi a trattamenti vibrazionali nelle ore di tempo libero, ma occorre “ritarare” la propria esistenza. Ad esempio, si possono riarmonizzare musicalmente i Chakra di una persona che vive forti dissonanze col suo ambiente. Ma è un processo che deve essere costante nel tempo e coerente nelle azioni. Se questa persona vuole ottenere risultati duraturi o definitivi, non può aspettarsi di guarire continuando a vivere rapporti dissonanti col mondo esterno. Non importa quanto costa allontanarsi dal proprio contesto: Ippocrate diceva che per le malattie estreme i rimedi estremi sono i più efficaci. Se non ci si allontana dalle cause del proprio squilibrio ci si potrà solo curare (magari per tutta la vita), ma non guarire. Curarsi e guarire, come si vede bene, non sono la stessa cosa. Bisogna evitare il più possibile le dissonanze se non ci si vuole ammalare psicofisicamente, come si evitano i colpi d’aria se non si vuole prendere un raffreddore.


Sei divulgatore di questo argomento. Quali sono i tuoi progetti e qual è il messaggio che comunichi attraverso i tuoi seminari o conferenze?


Con la divulgazione di ciò che ho “trovato” nella musica mi aspetto di incontrare persone seriamente intenzionate a riprendersi la propria salute psicofisica unitamente alla propria vita. Con loro voglio condividere idee, scelte e azioni che abbiano come fine primo e ultimo la riappropriazione del proprio spazio e del proprio tempo. Almeno come inizio. Questo si fonda sul presupposto che queste persone siano disponibili ad attuare un cambiamento radicale delle idee che hanno sul mondo e sulla vita. Occorre cioè un “cambio di paradigma” in ogni aspetto dell’esistenza: dalla concezione della salute a quella del commercio, dall’idea di energia a quella di cibo, dal concetto di informazione a quello di relazioni umane, etc.


Quali sono i cambiamenti ''positivi''che la tecnologia di internet ha portato nella musica secondo te?


Parlare di internet in termini positivi mi spinge a dire le stesse cose già sentite e risentite: è innegabile che internet offre la possibilità di avere visibilità a tutti coloro che sono capaci di ottenerla, e che permette a tutti di essere in contatto con chiunque in ogni momento. Parlarne anche in termini negativi, ma costruttivi, ha però il suo fondamento più che giustificato. Innanzitutto do per scontate due cose: primo che la musica nasce in seno alle relazioni umane, possedendo un linguaggio che accomuna persone anche molto differenti tra loro (linguaggio che va oltre la lingua). Secondo che la musica è legata imprescindibilmente alla nostra salute: “musica e medicina originano dalla stessa fonte e il medico non può non essere anche musico” (C. Gregorat, “L'anima della musica. Per una terapia con il suono e la musica”). Detto questo, sostengo che l’uso smodato di tutta la tecnologia che permette di comunicare a distanza sia troppo distante (“tele” in greco, significa infatti “distante”, come tele-fono, tele-visore, tele-comunicazione, etc.) dalle naturali relazioni umane, quindi anche dalla musica. Inoltre l’esposizione al pensiero altrui a cui possiamo essere sottoposti grazie a internet è senza precedenti e può causare devastanti fraintendimenti, distorsioni della realtà. È l’epoca delle fake-news, in cui le false notizie fanno notizia. Considero l’alterazione della realtà una cosa poco salutare, quindi anch’essa lontana dalla musica-medicina. È per questo che, ad esempio, ho scelto di non avere internet sul tele-fono. Per preservare la musica, i miei rapporti personali e la mia salute.. Preferisco la vita reale fatta di pensieri, parole, azioni e persone, tutto sommato.


Come vedi il futuro della musica?


Dal momento che la musica è legata profondamente alla società in cui nasce, il suo futuro mi appare come il futuro della società stessa: incerto, in crisi. Questo non è necessariamente un male. Quando una situazione è di crisi, per definizione, è possibile stabilire ciò che occorre fare per scegliere tra il bene e il male. La crisi è un momento importantissimo per tutti gli organismi viventi e, se interpretata con coraggio e lucidità, porta innumerevoli vantaggi al singolo e alla sua specie. Al contrario, se la crisi viene affrontata con paura dovuta ad ignoranza porta allo sfacelo del singolo e al declino della specie. Il momento di crisi, in questa ottica, è quindi sinonimo di “libero arbitrio”. In sintesi: il futuro della musica, come della società, è nelle nostre quotidiane scelte.


Sei iscritto su soundfeat. Cosa pensi di questa piattaforma musicale?


Soundfeat ha dalla sua parte la freschezza e l’originalità dei suoi artisti. La loro originalità dipende dal fatto di non essere filtrati o distorti da quell’apparato mediatico che solitamente uniforma e appiattisce. In un mondo in cui tutto è omologazione, in cui anche il destino sembra pianificato da altri (algoritmi?) e non da noi stessi, Soundfeat è impagabile. Una rosa nel deserto. Mi auspico che Soundfeat mantenga sempre questa sua fresca peculiarità: l’originalità dei suoi artisti.