Correva l’anno 1888 e a Ruvo di Puglia nasceva il piccolo Chopin di Ruvo di Puglia. In realtà il suo soprannome era più comunemente Mèstə Marənuddə perchè Marino Pellegrini, musicista e compositore straordinario, la cui figura è rimasta per troppo tempo nell’ombra, era in realtà un barbiere. A recuperare la sua storia, salvandola dall’oblio ci ha pensato Livio Minafra, che dedica a Pellegrini il vol. 19 del suo progetto discografico “Lost Tapes”. In uscita su tutte le piattaforme digitali il 13 gennaio, distribuito dall’etichetta Angapp Music, il nuovo capitolo del viaggio alla scoperta di musicista dimenticati a cura di Minafra, fa luce sulla storia e carriera del rubastino, il barbiere che, tra un taglio e l'altro, incantava la comunità con la sua musica.

Una carriera, quella del piccolo Chopin, che non ha mai trovato spazio nelle aule formali della musica classica, ma che riflette la bellezza e la durezza del sud Italia del primo Novecento, ricca di emozioni e contrasti, oggi riscoperti grazie al lavoro di Livio Minafra. Pellegrini nacque il 10 maggio in un’Italia, a fine Ottocento, che, pur essendo giovane, era già segnata dalla povertà e dalle difficoltà del sud. La sua famiglia, nata difatto nel Regno dei Borbone, fu testimone di un'epoca in cui le difficoltà quotidiane come la fame, la malaria e la miseria erano onnipresenti. Ma proprio in questo contesto di indigenza è cresciuto un talento che avrebbe dato vita a composizioni di rara bellezza e semplicità, ricche di una musicalità che sfidava le convenzioni.

Sebbene Ruvo avesse già una scuola di musica, la "Scuola di Musica Comunale", Marino non ne fece mai parte. La sua scuola fu quella della bottega del barbiere, dove, insieme ai colleghi, si suonava tra un cliente e l'altro, spesso improvvisando con mandolini, chitarre e fisarmoniche. Situata vicino alla Chiesa del Redentore, divenne un punto di ritrovo per i locali, e la sua musica divenne indispensabile durante i matrimoni e le feste popolari. Pellegrini non scriveva la musica: le sue composizioni vivevano nella tradizione orale, tramandate da un musicista all'altro, senza spartiti e senza mai un nome specifico. I brani erano identificati solo per la loro forma e tonalità, e divennero un patrimonio musicale di Ruvo di Puglia. Si trattava di valzer, mazurche, polche e quadriglie, che raccontavano storie di speranza, di tristezza e di lotta, evocando l'immagine di un'Italia rurale, povera, ma incredibilmente viva. Le composizioni di Marino Pellegrini si distinguevano per un'armonia semplice, ma di una bellezza commovente e complessa, capace di trasmettere, con pochi elementi, un mondo intero.

Nel recupero delle sue opere, che il tempo e le difficoltà avevano quasi cancellato, emerge un parallelismo con i grandi compositori del Romanticismo, come Chopin e Schubert. Nonostante Pellegrini non avesse mai studiato formalmente la musica, la sua abilità di improvvisatore e la sua capacità di trasformare un semplice motivo in una melodia di grande potenza evocativa lo rendevano simile a questi maestri. La sua musica, che si nutriva di una profonda sensibilità per le tradizioni popolari, è stata ora riscoperta e portata alla luce dal lavoro di Minafra il progetto "Lost Tapes".

Le composizioni di Marino Pellegrini sono cariche di emozioni che attraversano il tempo. Il "Valzer in Mi minore" e la "Mazurca in Re maggiore", per esempio, sembrano raccontare la povertà e la miseria di quegli anni, ma anche una speranza che non muore mai, come una luce che non si spegne nonostante tutto. Altre composizioni, come la "Polka in Fa" e la "Risata del Sassofono", evocano il lato più festoso e goliardico della sua personalità, una testimonianza di come la sua musica fosse anche il mezzo con cui la gente cercava di sfuggire alla dura realtà quotidiana. In questo senso, la sua musica non era solo per le feste, ma un riflesso di un'epoca che, pur nella sua difficoltà, non smetteva di lottare per il futuro.

Il volume 19 di "Lost Tapes" raccoglie una selezione di questi brani, molti dei quali sono stati trascritti, rielaborati e reinterpretati da Livio Minafra, che con il suo pianoforte guida il viaggio attraverso la musica di Pellegrini. Ogni traccia diventa una finestra su un passato lontano, un'epoca in cui la musica popolare non era ancora contaminata dalla modernità, e le melodie di Marino Pellegrini parlano direttamente al cuore di chi le ascolta. Con la partecipazione di altri musicisti, tra cui Enzo De Leo, Michele Tempesta e Alessandro Pipino, Antonio Biancolillo, Paolo Montaruli, Nico Marziale, Claudio De Leo, Franco Sette e i magnifici, questo album è un itinerario sonoro che riporta alla luce una memoria musicale fondamentale, la cui bellezza trascende il tempo.

In merito al progetto, Minafra afferma: «In tutte le città del Sud ci sono storie di barbiere musicanti. Mandolini, violini, fisarmoniche… in un’era, cento anni fa, fatta di povertà e indigenza, i barbieri allietavano feste e matrimoni in casa con valzer, mazurche, quadriglie e polche. Marino, attivo nei primi anni del ‘900, era tra questi, ma si distingueva perché aveva una felice vena compositiva. Se con la macchina del tempo Chopin avesse potuto conoscerlo, gli avrebbe musicato al pianoforte certi temi di grande bellezza che sanno di miseria, di fame e di speranza fatta di poco. Non un barbiere qualsiasi, ma un musicista e compositore che non andava dimenticato. E, essendo morto 64 anni fa, non poteva che essere ricostruito da quei pochi 80 e 90enni di Ruvo che lo hanno conosciuto e senza dei quali questa memoria orale sarebbe andata per sempre persa».

Il progetto Lost Tapes, nato da un’idea di Livio Minafra nel 2017, è parte di un più ampio impegno per preservare e raccontare la storia del jazz italiano. Ogni volume della serie è una scoperta.