Tony Carnevale è musicista, compositore, produttore discografico, scrittore, insegnante. Ha una ricca carriera alle spalle, e sostiene da sempre che la creatività è fondamentale dai primi anni di vita e va stimolata, con la musica e con altre attività creative. Tutto il suo pensiero è racchiuso nei suoi insegnamenti e nei suoi libri. L'ultimo s'intitola "Poetica, Ricerca e Formazione Musicale".
Hai una grande carriera alle spalle come produttore discografico, musicista, scrittore, compositore, insegnante, esperto nel campo musicale. Cosa è cambiato nel tuo lavoro dall'inizio della tua carriera fino ad ora?
Molto dal punto di vista professionale, poco riguardo la passione, che ancora mi guida con la stessa intensità degli inizi. Oggi sono un musicista conosciuto e quindi le cose sono certamente più facili di allora: però sono stato molto fortunato, perché mi sono trovato praticamente quasi da subito a lavorare a livelli professionali elevati, cosa che mi ha permesso di conoscere e lavorare con persone molto capaci e quindi di sviluppare esperienze importanti, sia dal punto di vista artistico che professionale. Ho costituito una società di produzione a soli 25 anni e mi sono trovato a realizzare lavori importanti in diversi ambiti, dalla discografia (scrivendo brani per artisti famosi, come Patty Pravo, o lavorando come arrangiatore e producer per importanti case discografiche multinazionali) alla produzione musicale applicata alla pubblicità (ho scritto in quegli anni, tra le tante cose, una delle sigle televisive più longeve della RAI, quella di Appuntamento al cinema, oltre che pubblicità nazionali importanti come Agip, Esso, INA, SIP etc.). Ho lavorato tantissimo per le produzioni televisive e con gli audiovisivi in generale. Ho avuto la fortuna di poter collaborare anche con personaggi importanti del Rock italiano, come Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco del mutuo soccorso, che hanno partecipato anche ai miei dischi personali, sia registrando in studio che dal vivo. Parallelamente alla musica su commissione, ho iniziato quindi a pubblicare i miei lavori personali, con i quali sono riuscito a ritagliarmi uno spazio a livello internazionale, grazie anche alla critica specializzata che mi ha sempre molto sostenuto, tanto da essere presente su diverse enciclopedie internazionali ed altre pubblicazioni specializzate. Anche se continuano a ritenermi un musicista “Progressive”, nonostante l’evidente presenza di contaminazioni di vario tipo nella mia musica…ma sai, ti devono in qualche modo classificare, per renderti comprensibile. Poi, da circa vent’anni, ho iniziato ad occuparmi di formazione, grazie anche ad una lunga ricerca in ambito psicologico che fa riferimento alla Teoria della nascita umana del Prof. Massimo Fagioli, che mi ha portato a scrivere diversi articoli sul senso della musica, sulla reazione umana al suono, sulla musica come esperienza psichica e sui processi creativi.
Ci vuoi parlare del tuo libro Poetica, Ricerca e Formazione Musicale?
Non è facilissimo spiegare in poche parole: il titolo già racconta molte cose. Si parte da una poetica personale, cioè da un certo modo di intendere la musica ed i musicisti, per poi sviluppare una ricerca che porta alla elaborazione di un metodo originale di formazione musicale. Tutto ciò è stato reso possibile e stimolato dalla lunga attività dei nostri Laboratori, all’interno dei quali ognuno sviluppa la propria identità artistica originale, in un contesto collettivo dove prioritario è il rapporto creativo e la collaborazione. Il libro (che è il mio terzo libro, anche se il secondo è arrivato ormai alla IV edizione) è una raccolta di eventi, interviste ed approfondimenti sulla musica e sulla formazione musicale, con ricerche anche più specifiche, come ad esempio, un capitolo interamente dedicato a Mozart ed alla sua musica. Il metodo formativo che ho elaborato – che si chiama Anora, acronimo di approccio non razionale – è totalmente orientato da un’idea di musica come esperienza psichica, quindi legata al pensiero umano, un movimento che va da fantasia umana a fantasia umana, una comunicazione non razionale che origina da una esigenza espressivo-rappresentativa e può arrivare ad un altro essere umano perché è un linguaggio che appartiene a tutti, sia a chi la fa che a chi l’ascolta, altrimenti la musica non produrrebbe alcuna reazione. Propone inoltre l’espressione attraverso i suoni come un diritto di tutti, non come qualcosa che può riguardare pochi eletti dotati di chissà quale “dono” innato. Riporta la creatività alla sua essenza, alla sua origine e realtà esclusiva dell’essere umano.
Progetti per il futuro?
Sto tentando da diverso tempo di fare un nuovo disco personale, ma sento anche la necessità di continuare questa attività di divulgazione di una certa idea di musica e di musicista, una certa idea di come ci si può formare artisticamente, che porta con sé, come conseguenza, un’idea di società, un’idea di cultura: un impegno dal quale non ci si può sottrarre. Ma prima o poi riuscirò anche a trovare il tempo per la mia musica: per il momento “gli altri” sono prioritari. Tieni presente che, tra l’altro, a tutt’oggi hanno partecipato ai miei Laboratori circa 300 persone: alcune di loro, a loro volta, sono formatori, e c’è chi è riuscito a portare i princìpi del metodo Anora anche oltreoceano, nella prestigiosa Berklee College of Music di Boston. Un progetto importante è un nuovo libro che sto scrivendo (anzi, sto solo perfezionando perché in realtà è finito) che apre un nuovo filone di ricerca ed una nuova sperimentazione in ambito formativo…e non solo, ma non posso dire di più, per il momento.
Porti avanti da tempo il “metodo Anora”, rilevante per la formazione musicale, sviluppato grazie anche ai laboratori di musica originale che conduci. Qual è la sua mission?
So che può sembrare un paradosso, ma l’obiettivo del metodo è quello di sviluppare un pensiero creativo, con il quale la persona potrà fare ciò che vuole, anche il musicista. Una ricercatrice americana – Kathy Davidson – ha evidenziato che il 65% dei bambini farà da grande un mestiere che non è stato ancora inventato al momento del loro accesso alla scuola primaria: questo tanto per capire l’importanza di sviluppare la creatività per la società umana; formare persone capaci di inventare, non solo di eseguire quanto già predisposto o pensato da altri, è l’unica possibilità per pensare ad un progresso dell’umanità. La didattica tradizionale, tutta sbilanciata verso le pratiche esecutive, soprattutto in musica, produce persone che sono solo capaci di eseguire…che non è tanto lontano da obbedire. Una cittadinanza attiva deve essere capace di inventare, di trovare nuove soluzioni in tutti gli ambiti di lavoro, di formazione, di ricerca e di espressione artistica: ecco perché utilizzo la musica originale come strumento di sviluppo del pensiero creativo, ma si potrebbero probabilmente usare anche altri linguaggi e da altre forme legate al pensiero espressivo-rappresentativo, quindi appartenenti all’ambito artistico. Il pensiero espressivo-rappresentativo è di sicuro una via d’accesso al pensiero non cosciente degli esseri umani: potrebbe tornare molto utile sviluppare questa ricerca anche in ambito psicologico, ma non è così semplice…
Che tipo di percorso consiglieresti ad un’artista emergente?
Non sono consigli che mi piace dare, perché ognuno deve farsi una strada personale, e chi veramente “ci crede”, prima o poi a qualcosa arriva: l’unica cosa che mi sento di dire oggi è che non bisogna credere a quelle che sembrano essere strade “facili” (tipo Amici o Xfactor o quello che dicono i discografici) ma è meglio puntare sulla propria originalità, sulla propria personalità. Un’espressione sincera del proprio essere, del proprio mondo interiore, arriva di sicuro più lontano rispetto a prodotti “artefatti”, studiati a tavolino o pensati come “prodotti che vendono”.
Cosa bisogna fare per diffondere maggiormente la cultura della musica originale in Italia?
Quello che stiamo facendo noi come Associazione Anora, intanto è già molto: smontare luoghi comuni e credenze che impediscono un reale cambiamento della situazione, smetterla con questa cultura e questa didattica tutta impostata sull’esecuzione strumentale o vocale, sul virtuosismo, sullo “spettacolo”; la musica non è solo suonare o cantare, bisogna favorire le esigenze espressive che ogni essere umano ha sin dalla preistoria, da quando qualcuno ha pensato di fare dei buchetti in un osso cavo e soffiarci dentro per produrre un suono non esistente in natura: quel primo flauto è la testimonianza del fatto che la musica è un’esigenza espressiva dell’essere umano, perché quei suoni non potevano essere stati ascoltati né imparati da nessuno. Erano suoni originali. Poi ci sarebbe da affrontare, ovviamente, il problema dell’industria dell’intrattenimento, della sua complicità con la didattica…ma non finiremmo più.
Cosa ci possiamo aspettare per il futuro della musica?
Il futuro è nel presente, è ciò che costruiamo oggi: basterebbe evitare che il passato continui ad imporsi con le sue vecchie idee.