Marco Marconi è un pianista e compositore di grande talento. Vive a Londra da diversi anni, dove si dedica alla musica a 360%. E’ un grande amante della musica classica e del jazz, e sta lavorando a un nuovo progetto discografico, che vedrà la collaborazione del trombettista Fabrizio Bosso.

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Sei nato in Italia, ma da qualche anno vivi a Londra. Cosa ti ha portato li?

Nel 2003 ho conosciuto in Umbria, la regione dove sono nato e cresciuto, una bellissima ragazza inglese che poi ho sposato. Nel 2007 è nata mia figlia Emma e nel 2012, l’anno in cui ci siamo armati di coraggio ed abbiamo varcato le Alpi per una vita migliore e con maggiori opportunità lavorative, Emma avrebbe cominciato la scuola per cui era l’anno giusto per lasciare l’Italia, ma oltre a questa ragione un altro motivo è l’avvento della crisi economica che in quell’anno cominciava a farsi sentire pesantemente. Ricordo che insegnavo in quattro diverse scuole comunali di musica e nel settembre 2012 ci fu un crollo drastico delle iscrizioni, vedevo pertanto la terra crollarmi dinanzi ai piedi ed oltre a questo anche gli eventi concertistici erano sempre di meno e sempre meno pagati, per cui abbiamo capito che non era più aria e ce ne siamo andati. Rimpianti? No! Beh l’Italia mi manca lo ammetto, mi manca la mia famiglia, i miei vecchi colleghi e qualche amico vero, ma a Londra si sta meglio. Lo dimostra il fatto che solo a Londra e nei sobborghi ci sono centinaia di musicisti italiani, forse migliaia ed un motivo ci sarà, ma ci vuole coraggio per emigrare e ripartire da zero, resettare tutto è doloroso e non tutti se la sentono, io per fortuna, forse per merito mio, ce l’ho fatta ed ora mi trovo benissimo.

Sei diplomato in pianoforte classico al Conservatorio di Musica di Perugia e dopo qualche hanno hai preso un secondo diploma in Jazz, qual'è la tua esperienza formativa maggiormente significativa?

Senza ombra di dubbio tutti gli anni in cui ho seriamente e severamente studiato il pianoforte classico. Credo profondamente nell’impostazione e nella postura pianistica e amo la letteratura pianistica tutta, dal ‘600 ad oggi che studio tutti i giorni o quasi. Verso i 16 anni ho cominciato ad ascoltare jazz con buona frequenza e sebbene fino al Diploma Classico mi sono dedicato anima e corpo alla musica classica, sono stato rapito dal jazz e per anni li ho studiati e coltivati entrambi cogliendone sia le diversità che le somiglianze. Poi con il passare degli anni, ma non troppi, è venuto da sé il cambiamento di rotta; oggi mi dedico solo al jazz inteso come attività artistica e concertistica, ma la musica classica è sempre li e ci ritorno tutti i giorni come un bambino torna alla mamma.

Chi sono gli artisti che ti hanno influenzato nel corso degli anni?

Questa è una domandona, nel senso che sono davvero tanti per svariati motivi ed elencarli sarebbe davvero dispendioso; cercherò di citare solamente quelli più significativi per me, quelli che mi hanno fatto prendere scelte a volte anche drastiche dal punto di vista della concezione jazzistica e dello stile improvvisativo. George Gershwin, Duke Ellington, Art Tatum, Miles Davis, Bill Evans, Jerry Bergonzi, Michael Brecker, Jim Hall, Keith Jarrett, Joshua Redman, Brad Mehldau, ma ripeto, ce ne sono almeno altri venti come minimo.

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Musicalmente parlando che opportunità ti ha dato il Regno Unito?

Molte di più rispetto all’Italia ed io parlo ovviamente per me, nel senso che magari per molti altri non è stata la stessa esperienza, ma fortunatamente per me e’ andata bene. Lasciami dire una cosa che ho trovato molto seria dal punto di vista professionale rispetto alla mentalità ed al modo di fare degli italiani, ma che all’inizio mi ha davvero spaventato. La prima volta che ho preso la cornetta del telefono in mano e ho contattato un gestore di un jazz club affinchè mi desse una ‘gig’ (per chi non conoscesse il termine: data, performance), ho avuto un vero e proprio attacco di panico, perché sei anni fa il mio inglese era pessimo, poco più che scolastico, e pertanto c’era imbarazzo e difficoltà tangibile di dialogo, ed in più e non ultimo il gestore mi risponde queste testuali parole: “Dear Marco I do like your Trio and your music but we are book until June 2013. Would you mind if we lock a date by then?” ed eravamo solo a Novembre! Per cui mi sono reso conto che qui i locali ed i Festivals programmavano almeno con 6 mesi di anticipo, ma molti programmavano anche con un anno di anticipo o di più e lo fanno principalmente per uscire con largo anticipo con la pubblicità sia cartacea che web per la vendita dei biglietti online. Ed a quel punto mi sono detto: “ed ora per i prossimi sei mesi cosa mangio?” Si lo ammetto I primi 6 mesi sono stati duri, ma poi mano a mano sia gli allievi che le gigs andavano sempre aumentando e già dopo un anno ero a pieno regime. Qui ci sono tante cantanti che cercano pianisti, per cui quella era l’inizio della mia prima vera fonte di guadagno e poi man mano ti costruisci i tuoi contatti e fai le tue scelte artistiche. Oggi gestisco il mio Trio e poche altre collaborazioni, ma cerco di scegliere quelle più importanti, perchè a livello professionale ti devi gestire bene e devi soprattutto dare un immagine serissima del lavoro che fai e dell’artista che sei e condivido ed approvo tutto questo largamente.

Hai suonato sia in Italia, che all'estero. Hai trovato delle differenze nella dimensione dei live?

No, da quel punto di vista un live è un live, nel senso che se per ‘‘Dimensione’’ si intende l’affluenza di pubblico, se il nome è importante e l’evento è pubblicizzato seriamente, il pubblico ci sarà e questo avviene sia in Italia che in UK. E’ ovvio che qui in Inghilterra e soprattutto a Londra ci sono tantissime persone e moltissimi amanti del jazz ed appassionati, pertanto trovi il jazz club in centro che è stracolmo di gente anche di lunedi sera, mentre probabilmente a Roma o Milano questo di Lunedi non accade. Ecco da questo punto di vista, c’è più continuità e il 90% dei locali che programmano jazz, siano essi clubs o strutture private, lo fanno sette giorni su sette riscuotendo una buonissima affluenza ogni giorno della settimana.

Hai pubblicato diversi Album, composti da te. Seguono un filo logico o sono completamente diversi? Quanto conta per te la composizione di un brano?

Devo essere sincero, sono un pò tutti e due, ti spiego perché. Fra essi sono diversi, perchè i brani hanno una loro diversità come a volte le formazioni ,ma finora in tutti gli albums che ho registrato sia in piano solo che in Trio ho voluto mescolare colori e atmosfere diverse fra loro cosi come ritmi e dinamiche, perché dal mio punto di vista, il jazz può essere davvero tutto senza limiti e pertanto hai totale libertà di azione sia in campo compositivo, e di arrangiamento che esecutivo. Il jazz racchiude dentro di se centinaia di regole che però puoi anche infrangere, assumendotene la responsabilità ovviamente, ma il jazz è anche un safari dove ti è concesso scoprire e se non lo fai limiti tutto e ti ritrovi in gabbia sotto ogni aspetto citando anche quelli sopra elencati. Questa è la mia visione di jazz ed un altro dettaglio importante sul quale punto tantissimo è la composizione di brani con armonie puramente jazz a tratti anche articolate e complesse sopra le quali però poggia una melodia chiara e riconoscibile e soprattutto di natura classica, poichè come spiegavo all’inizio dell’intervista per me la musica classica riveste un importanza enorme e fondamentale nella mia formazione che mi trascino dietro anche nel jazz. Nel mio ultimo disco in Trio distribuito da 33Jazz Records dal titolo ‘Trialogue” ho registrato un preludio di Bach, perché è un compositore che amo e che senza del quale oggi non avremmo il jazz o forse sarebbe completamente differente! Devo e dobbiamo tanto a J.S. Bach un vero genio, per me il più grande di tutti.

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Ci vuoi parlare del tuo prossimo lavoro discografico? Ci sarà anche una collaborazione con Fabrizio Bosso?

Si, registreremo un nuovo disco che molto probabilmente avrà come titolo ‘New Roads’ allo studio Artesuono di Udine sotto le esperte mani del grandissimo Stefano Amerio, uno fra i più importanti sound engineers nella scena jazzistica mondiale e siamo fortunatissimi ad averlo in Italia. Lo dimostra il fatto che musicisti di fama internazionale si recano da lui per registrare, perchè i suoni che riesce a darti sono pazzeschi. Ho già registrato con lui nel 2014 ed era alla Fazioli Concert hall con il mio Trio. L’album era ‘Nordik’ ed ha riscosso grandissimi apprezzamenti e ricevuto importanti recensioni fra le quali ne menziono una scritta da John Fordham, che in Inghilterra e’ il guru del jazz. Questa sua recensione è apparsa sul The Telegraph con cinque stelle e ne sono ancora estasiato. Mentre ‘Trialogue’ l’ultimo disco in Trio (mi faccio un po’ di pubblicità… vorrai perdonarmi), ha ricevuto fra tutti il premio come “recensione più letta 2017” su Jazz in Europe con 14mila views. In questo prossimo disco, sarà ospite graditissimo Fabrizio Bosso, musicista incredibile con il quale è nata una nuova collaborazione della e per la quale sono a dir poco onorato. Ho suonato con lui in Duo il 9 Settembre scorso in Toscana ed è stato magico. C’è un video sul mio canale youtube, lo potete andare a vedere. Non vedo l’ora di registrare con il mio Trio, che è composto da Tom farmer al contrabbasso ed Emiliano Caroselli alla batteria. Due musicisti formidabili con i quali mi trovo benissimo sotto ogni aspetto e sarà nella prossima primavera.

Come vedi il futuro della musica?

Beh se ne può parlare sotto molti aspetti, ma, purtroppo, in generale non è a mio parere roseo. Il Cd scomparirà fisicamente entro un quattro o cinque anni, basti pensare che se oggi acquisti un automobile nuova ti accorgerai che non ha più il lettore cd installato e questo è già un segnale in negativo. Cambierà molto presto ed onestamente non mi piace per niente tutto questo, perché per un musicista avere fisicamente in mano il prodotto per il quale hai lavorato e sudato, è molto gratificante. Mentre caricare tutto su un cloud per poi farlo scaricare da qualcun altro lo trovo non bellissimo. Comunque Cd a parte, dico che è possibile vivere dignitosamente facendo il musicista, perchè di opportunità la fuori ce ne sono, ma devi andartele a cercare e guadagnartele. Io ho un agente e mi ritengo fortunato, ma ho impiegato anni per trovarne uno, perché non ce ne sono molti disposti a lavorare ed investire tempo ed energie in un progetto strumentale come il mio. Devi essere fortunato di trovarne uno che crede profondamente in te e nella tua musica, ma anche senza agente si lavora ugualmente, devi, però, ritagliarti ogni giorno del tempo prezioso al computer, alle emails, al telefono etc. Tutto tempo che togli allo studio dello strumento ed alla composizione, ma del resto ogni lavoro è cosi se sei in proprio giusto?

Che rapporto hai con il web e con i social?

Buonissimo, li uso e ci credo molto. Nel mio lavoro uso molto twitter, che è più selettivo e ristretto al tuo campo di azione, mentre facebook, sebbene sia ugualmente buono, lo trovo un pò più dispersivo essendoci dentro un pò di tutto. La pagina facebook funziona meglio del profilo ,ma devi far confluire dentro tutti o quasi i tuoi contatti e non è semplice almeno nel mio caso. Anche LinkedIn è efficace per instaurare rapporti lavorativi e collaborazioni. Li trovo tutti buoni social media e consiglio fortemente a tutti i musicisti professionisti e non di usarli giornalmente anche programmando i twitters giornalmente o settimanalmente, cosi da non passarci troppo tempo. Ti ringrazio di cuore per avermi intervistato; è stato un vero piacere rispondere alle tue interessantissime domande e mando un grande abbraccio a tutta la community dei musicisti di Musyance, ma anche a tutti i musicisti ancora fuori da questa Community che però invito a iscriversi e farne parte. Ci risentiamo fra qualche mese quando finalmente potrò invitare tutti all’ascolto e all’acquisto di ‘New Roads’ registrato dal Marco Marconi trio featuring Fabrizio Bosso. Per ulteriori informazioni e per rimanere aggiornati sui miei concerti e i progetti futuri vi invito tutti a visitare il mio sito internet: www.marcomarconi.com
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