Alessandro Martini, in arte Martiny, è un cantautore italiano. Il 6 novembre 2019 è uscito il suo disco d'esordio ''Post Relax'', rilasciato da ''La clinica dischi''.

Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?

Domanda interessante! Potrei risponderti nel modo più classico (tipo “la scuola”, o cose così) ma in realtà no, ero una frana al liceo e non mi è mai interessato tanto. Invece intraprendere gli studi di musica e addentrarmi in questo mondo, grazie anche alla mia etichetta, mi ha fatto imparare a gestire tanti aspetti del mio carattere e del mio modo di essere. Perché qui poi non si tratta di fare semplicemente musica. È un percorso lungo e faticoso, che ti mette davanti a tante cose spesso anche complicate. Complicate sia tecnicamente che psicologicamente. Ci sono tante, troppe cose a cui pensare, ci sono scadenze, situazioni stressanti. Però fortunatamente il mio manager è diventato anche il mio psicologo, quindi in un qualche modo ne esco vivo.

E' uscito il tuo album di esordio ''Post Relax''. Ce ne vuoi parlare?

Si, è il mio primo lavoro serio dove ho voluto mettermi in gioco. E’ stato registrato nel corso di un anno o poco più e sono stato seguito molto dai ragazzi de La Clinica Dischi, hanno saputo prendere quello che avevo in testa e metterlo nero su bianco. E’ un album che parla di un periodo particolarissimo della mia vita, da qui il titolo. Mi sono reso conto che avevo buttato tanto tempo, e quindi niente, dopo il Relax ho sentito il bisogno di rimboccarmi le maniche e mettermi sotto. Ci ho messo tutto quello che avevo per la testa, un riassunto dei miei ultimi 2 anni di vita praticamente.

Cosa vuoi comunicare attraverso le tue canzoni?


Beh, scrivo di situazioni personalissime, da qui l’esigenza di esprimerle con la musica, ma che in un certo senso voglio anche condividere con chi mi ascolta per capire se sono il solo a pensarla così o meno. Anche perchè ritengo che ogni situazione che viviamo non sia così unica e speciale, a tutti succedono bene o male le stesse cose, sta a noi renderle significative.


Cosa pensi della situazione musicale riguardante i concerti?

In Italia si sta smuovendo qualcosa, seppur lentamente. Perchè anni fa non era cosi, c’erano meno concerti in giro e sempre nei soliti posti. Ora con tutta questa wave la musica dal vivo è stata rivalutata anche come forma di intrattenimento, quindi bene direi. Ai ragazzi piace andare ai concerti, dovrebbero essere incentivati ancora di più.

Com'è il tuo rapporto con il web e i social?


Mi piace avere una buona immagine perché, anche se tutti dicono il contrario, è normale che si giudichi un libro dalla copertina, specialmente in questo ambito. C’è tanta tanta musica in giro, impossibile ascoltarla tutta. Ogni venerdì su Spotify escono centinaia di canzoni, impossibile ascoltarle tutte! E quindi è normale che alla fine ti ritrovi innanzitutto ad ascoltare quelle che ti vengono comunicate meglio, diciamo. E i social sono il mezzo di comunicazione di questa generazione. Quindi va gestito e sfruttato al massimo delle sue potenzialità. Ritengo che saper gestire i propri canali ormai sia un 50% del lavoro di un artista, per fortuna o purtroppo, ognuno la vede a modo suo.

Come vedi il futuro della musica?

Ah, mi piacerebbe saperlo, non è una scienza esatta purtroppo. Quindi inutile fare statistiche e previsioni. Un giorno va una cosa, un giorno va un altra, oggi la Trap domani chissà, il jazz? Sicuramente stiamo rivisitando i generi del passato, quindi quello potrebbe essere un indizio per capire dove stiamo andando. John Lennon diceva che la musica era finita nel 1980. Forse aveva ragione. Magari questa domanda fatela ai ragazzi di Clinica Dischi, loro sono sicuramente più ferrati.