Slow Wave Sleep è un progetto musicale fondato nel 2015. I suoi protagonisti sono Emilio Larocca Conte, voce e chitarra; Stella Canonico, basso e cori; Gilberto Ongaro, tastiere e cori; Gabriele Larocca Conte, batteria.
Com'è nato il progetto Slow Wave Sleep? Che musica fate?
Nasce ufficialmente l’anno scorso, ma era nell’aria già tre anni fa. Facevo il pendolare Bologna-Rimini per lavoro, e nelle pause ogni tanto scrivevo su un quaderno. I personaggi e il mondo di cui parlo nei testi delle canzoni hanno preso forma lì. Da lì al 2018 sono stati prodotti vari demo più o meno ambiziosi, fino a “L’Ultimo Uomo”, dove mi sono convinto a cantare. Ero a Berlino, e scrivevo per terapia. Non mi piaceva la mia condizione e ne soffrivo, vivevo ai limiti della sopravvivenza per poter dedicarmi al lavoro. Appuntare i sogni e scriverci dei testi mi ha fatto capire che dovevo andare da lì, tornare in qualcosa che somigliasse ad una casa. Quella di SWS è una musica meticcia, la considero colonna sonora di storie surreali. Cerchiamo di spiegare la realtà attraverso i sogni, per poter reagire al processo di lobotomizzazione di massa operato da internet e da una società sempre più politicamente corretta, che ha paura di mostrare la sua debolezza. Mettiamo in scena la debolezza dell’uomo, per poter impararla accettare e farne tesoro.
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
Sicuramente il DAMS Musica dove ho avuto la fortuna di studiare tutta la musica dalla preistoria, la Dodecafonia. Ci sono molti tabù e favolette che non corrispondono a verità. Come tutti i compositori che sono sopravvissuti fino ad oggi, sono stati tutti dei ribelli e probabilmente sarebbero infastiditi dal modo in cui ne parlano oggi. È bello capire che dall’alba dei tempi non è cambiato niente, ma solo un risolvere problemi comuni attraverso la tecnologia a disposizione. Torno alla domanda: gli studi di chitarra elettrica presso la Music Academy di Bologna, i RELIC e gli Shinigami Squad che mi hanno svezzato sul palco, l’esperienza a Parigi, quella di Berlino, i viaggi in Lituania, le foreste in cui sono cresciuto.
Quali sono i progetti attuali e per il futuro?
Stiamo per uscire con un disco registrato in presa diretta, che comprende pezzi ri-arrangiati insieme e due inediti. Questo perché finora tutto suonava elettronico e facevo fatica a spiegare alle persone cosa facevamo. Ora c’è dell’altro, non è limitante mandare i nostri link. Il disco sarà accompagnato da due videoclip tra cui uno interattivo, con due finali alternativi e forse anche un terzo. Poi stiamo scrivendo dei pezzi nuovi, ce ne saranno almeno una ventina, che usciranno anche nel 2020. Questo qui però uscirà in più versioni, perché l’idea è che ognuno di noi scriva una sua interpretazione del disco, le azioni del suo personaggio all’interno della narrazione. Ci sarà anche del materiale più tradizionale.
Cosa pensi della musica attuale? Può essere considerata di qualità?
Il giudizio tecnico ed estetico è sempre relativo, e se parliamo di prodotti professionali che raggiungono migliaia di persone la qualità è fuori discussione. Non condivido l’approccio, e il fatto che gli artisti somigliano più ai politici: tutto è finalizzato a ricevere consensi e nessuno si assume più la responsabilità di rischiare. L’arte presuppone un conflitto da risolvere, per cui tutto quello che va sul sicuro è fuori da questa categoria per quanto mi riguarda. La musica indipendente attuale può essere considerata di qualità se si guarda dal punto di vista progettuale, sono tutte cose che funzionano e sanno come funzionare. Ora cercano tutti di darsi una dignità dopo tutte le polemiche di questi anni, ed è lì che la natura farà una selezione. Presumo sarà una strage.
Riguardo la diffusione della musica inedita. Quali sono le difficoltà per un artista che vuole proporre la propria musica ai locali, club, eventi live?
La difficoltà principale è che ora è un’opportunità di carriera e non tutti hanno i mezzi e le capacità di aprirsi un’attività commerciale. Al di là dei soliti luoghi comuni, gli artisti che fanno la differenza sono quelli che hanno un’infrastruttura solida che li supporta, sono svegli e intraprendenti o hanno una fanbase affezionata. Spesso basta anche una delle tre. Le soddisfazioni migliori arrivano con la terza opzione, perché più inaspettata e genuina (etica?). Ma a che prezzo? La difficoltà maggiore è la facilità di cascare in truffe e false illusioni. È pieno di finte riviste, finti agenti, finte etichette, che fanno credere che tutto è possibile. Non c’è spazio per tutti, e non esiste un modo per fare le cose. Fantomatici guru vendono trucchetti che smettono di funzionare nel momento in cui vengono condiviso, tra l’altro. Poi c’è l’assenza totale di rischio. Da parte di gestori, di agenzie, di etichette e degli artisti stessi. È normale che un pubblico più gli si dà in pasto qualcosa e più ne sente la necessità. Ma così facendo si perdono un sacco di opportunità.
In che modo il web e i social possono essere utili per l'attività di un artista?
Senza dubbio la facilità di produrre e distribuire a costo zero e senza intermediari. Con i mezzi che ci sono ora ci si può esprimere e crescere con le persone che credono in quello che si fa. Sono ossessionato dalla personalità. È eccitante pensare che ognuno di noi ha un timbro di voce unico e una storia da raccontare. Non facendo le cose a tavolino si può creare qualcosa che i fan saranno i primi ad apprezzare e continuare a nutrire, è anche una loro creatura. L’artista dà solo gli input, ma sono i fan i veri protagonisti. Sono un fan dei nostri fan.
Come vedi il futuro della musica?
Diverso dal nostro attuale immaginario, penso ci siano degli indizi. Siamo in un momento di transizione dove lo streaming farà la differenza una volta che nel mondo ci saranno solo nativi digitali. Prevedo un approccio sempre più multidisciplinare. Attualmente il disco (inteso come pubblicazione di uno o più brani) è molto influenzato dal cinema, ad esempio, avendo un occhio di riguardo al pop Americano. Per lo stesso motivo i concerti sono sempre più uno spettacolo teatrale. Ipotizziamo che prenderà anche l’influenza dei videogiochi: brani saranno degli esseri viventi, non più strutture chiuse, che le community aiuteranno a plasmare oltre che ascoltare passivamente. Torneranno le rock star, che saranno dei supervisori artistici di nuovi mondi a cui i fan possono accedere.