Gio Lombardi è un musicista e un insegnante. La sua carriera musicale è iniziata in Italia, ma poi alcune esperienze lo hanno portato molto lontano, esattamente a Los Angeles, dove ha sperimentato una cultura musicale completamente diversa da quella a cui era abituato e ha avuto la possibilità di arricchirsi trovando la sua dimensione.
Sei nato in Italia. Ma da molti anni vivi e svolgi la professione di musicista a Los Angeles. Come mai?
Sono andato negli Stati Uniti per studiare gli stili moderni, era il 1992. Avevo portato a termine il mio primo ingaggio da professionista sulle navi da crociera, suonavo nella band di bordo. All’epoca nei conservatori Italiani c’era soltanto chitarra classica, uno stile che non aveva catturato completamente il mio cuore, anche se ho una base di chitarra classica. Inoltre, essendo un amante degli stili afro-Americani (e latino Americani) mi sembrava una scelta logica quella di venire qui per i miei studi. Una volta terminato i miei studi ho deciso di rimanere qui per crescere musicalmente, certo non pensavo di rimanerci così tanto ma….questa è un’altra storia.
Musicalmente parlando che opportunità ti ha dato l'America?
Los Angeles è la città dove sono cresciuto musicalmente. Così come forse pochi altri posti al mondo, qui c’è la possibilità di confrontarsi con musicisti provenienti da ogni parte del mondo. Questo fattore aggiunge autenticità a quello che uno suona. Se parliamo degli stili Afro-Americani, ad esempio, qui si può cogliere la loro essenza dagli stessi musicisti che hanno dato vita a quel genere. Questo vale per tutti gli altri generi nati qui negli Stati Uniti, ma anche per quelli di importazione, ad esempio il Latino Americano, in quanto c’è una forte presenza etnica e quindi la possibilità di confronto e di crescita mantenendo l’elemento di autenticità. Considero questa l’opportunità che mi ha dato Los Angeles, e la ragione per cui mi riferisco alla città più che alla nazione è perché per noi musicisti è più importante entrare nel network giusto a prescindere da dove esso sia. Non sarebbe stata la stessa cosa in un qualsiasi altro posto negli Stati Uniti.
Secondo te vivere di musica in America è più facile rispetto all'Italia?
Forse infrangerò i sogni di qualcuno e questo mi dispiace, ma la risposta è “no”, è durissima anche qui, soprattutto a Los Angeles. Mi considero estremamente fortunato, anche se ovviamente non’è solo questione di fortuna. La preparazione e l’ostinazione sono qualità indispensabili, le pubbliche relazioni fanno il resto.
Suoni, insegni, componi. Esattamente come si svolge la tua giornata ''tipo''?
Dunque, l’insegnamento si concentra dal Lunedì al Giovedì. Alcune classi mattutine sono di Sabato, ma cerco di tenermi almeno un giorno del weekend libero. In accademia insegno dal pomeriggio alla sera, questo vale anche per le altre scuole. La mattina, invece, la dedico ai miei studi, alla composizione ecc. Di solito le serate sono il weekend, ma avvolte possono capitare jam-session infrasettimanali. Da un po’di tempo a questa parte sto cercando di focalizzare la mia presenza come performer per situazioni che mi interessano di più rispetto al passato. È fondamentale saper gestire il proprio tempo, cerco di farlo al meglio.
Chi sono gli artisti che ti hanno influenzato nel corso degli anni?
Beh sono nato come rocchettaro, quindi Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd ecc. Ma ad un certo punto dalla scena musicale Italiana è arrivato Pino Daniele, un’artista che mi ha influenzato molto e che io amo profondamente. Grazie a lui ho scoperto il Blues, il Jazz, il Latino ecc. Dopodiché è stato naturale andare a cercare le sorgenti di questi stili e quindi sono arrivati i vari James Brown, E.W.F. Al Jarreau, Incognito, George Benson, Larry Carlton…e tanti altri.
Ascolti ancora musica italiana? Sei aggiornato sulla musica italiana attuale?
Onestamente devo dire poco. Mi capita di vedere il Festival di Sanremo, ma non sarò qui a disquisire sull’argomento. In ogni caso spero sempre di ricevere una bella sorpresa da parte dell’Italia musicalmente parlando. Cerco di mantenere vivo il mio contatto con l’Italia, sono stato a Venezia ultimamente, ho conosciuto dei musicisti locali e ho scoperto una realtà interessante anche se non si può parlare di musica Italiana. Mi farebbe piacere sviluppare delle collaborazioni con artisti Italiani.
Che chitarre suoni?
L’ultima arrivata nell’arsenale è una Fernandes elettrica solid body, l’humbucker e due single coil. Ovviamente è stata data in mano al mio liutaio di fiducia per un make-up completo, quindi adesso è una Fernandes sotto steroidi! Come alternativa alla Fernandes ho una Ibanez elettrica solid body, stesso setting di pickup, ma con bridge floyd rose. Per le situazioni più Jazz-Fusion non può mancare una Gibson vintage (1975) modello 345 ES-TD. Questo è un modello particolare perché è la versione stereo della più famosa 335 (vedi Larry Carlton & B.B. King). Per le serate di Latin jazz, invece, uso spessissimo una Takamine classica con spalla mancante modello EG-124, una chitarra a cui sono molto affezionato, perché mi è stata consigliata tanto tempo fa da Earl Klugh. Ha un suono molto bilanciato, perfetto per il latinjazz. Infine in studio per le produzioni più pop uso spesso un’acustica di costruzione artigianale.
Com'è il tuo rapporto con il web e i social?
Il mio rapporto con internet è totale, fa parte della mia vita professionale, e lo uso spesso per fare dei lavori a distanza con clienti ovunque nel mondo. Con i social, invece, ho un rapporto altalenante, perché sono cosciente che dovrei svilupparli di più. Il problema è il tempo, un giorno se avrò il contatto giusto sarà un aspetto che delegherò volentieri a qualcun’altro. Detto questo è vero che i social sono un’arma a doppio taglio, c’è molto di… “niente” ma, se si sà cercare, si possono trovare dei contenuti di qualità. Ho da poco aperto il mio account di Instagram, mi trovate sotto 1giolombardi, su Facebook come Giosart e Twitter come @Gio1Lombardi.
Pensi che una piattaforma come soundfeat, possa essere utile alla comunità di musicisti?
Si, penso che il potenziale dei social media, e quindi di una piattaforma come Soundfeat possa sicuramente essere utile ai musicisti. Il farsi vedere, avere la possibilità di esporsi è fondamentale per un musicista. Il mondo è cambiato completamente in questi due decenni e mezzo, ma certe dinamiche sono le stesse. Oggi ci sono tecnologie che permettono al musicista di farsi vedere ovunque nel mondo con un solo click!
Come vedi il futuro della musica?
Sarebbe troppo facile dire “male”, ma a pensarci bene non’è così. È vero che certe cose sono cambiate, anzi possiamo dire finite, ma è anche vero che ci sono nuove realtà. Questo si ricollega alla domanda di prima, se si capisce bene come usare Internet (soprattutto i social) e se si ha qualcosa da dire (aspetto fondamentale) c’è futuro per la musica e per i musicisti. Ci sono colleghi che “as we speak” hanno creato il loro “branding”, hanno sviluppato una base di fans e vivono di questo. In futuro continuo a vedere la musica dal vivo corroborata da un mondo via web che vende contenuti audio/video in streaming. L’importante è avere contenuti di qualità e avere una visione globale.