Maurizio Capone è un musicista e cantautore italiano. Il progetto che porta avanti da anni s'intitola Capone & BungtBangt. La sua particolarità è l'uso che fa degli strumenti e non solo, anche da semplici oggetti riesce a tirar fuori dei suoni.

Come si è evoluta la tua carriera musicale dall’inizio fino ad oggi?

Ho cominciato come percussionista appassionato di jazz e musica africana, poi a 17 anni sono entrato nella scena della musica del mio tempo, il rock e la new wave diventando uno dei protagonisti della vesuwave napoletana con il mio primo gruppo i 666 con il quale fummo prodotti anche da Pino Daniele. Poi nel '92 ho fatto il mio primo disco da solista ed ho cominciato a mettere a frutto tutte le esperienze contaminandole con quello che accadeva in quel momento soprattutto drum & bass e reggae. Fino al 1999 quando ho fondato Capone & BungtBangt creando uno stile completamente nuovo fatto da suoni realizzati con strumenti creati da materiali riciclati. Tutta questa evoluzione è sempre andata di pari passo con il mio lavoro di cantante e songwriter. Oggi mi definiscono il portabandiera della musica ecologica e ne sono contento. Ma nel mio intimo resto semplicemente un ricercatore di armonie sia dal punto di vista musicale sia da quello dei contenuti. Questa ricerca mi permette di rimanere sempre agganciato all'attualità, ai fenomeni del momento che rappresentano la storia del tempo in cui viviamo e quindi di aggiungere continuamente nuovi ingredienti alla mia musica.

Il settore musicale è tra i più colpiti in questo periodo. Quale potrebbe essere una soluzione?

Purtroppo il settore della musica arriva a questo difficile momento già stremato e senza nessuna regolamentazione. Da quando faccio musica, ormai sono quarant'anni, ho sempre sentito le stesse parole e cioè che la musica è in crisi. Non si è fatto niente in passato per rendere questa attività un mestiere riconosciuto ed il risultato è che oggi data la grande difficoltà generale si rischia l'estinzione. E' evidente che siamo i più penalizzati perchè le nostre sono tutte attività di assembramento delle persone quindi è altrettanto ovvio che siamo quelli più penalizzati ed ai quali sarà concesso di lavorare per ultimi. Si stanno valutando diverse opzioni e sistemi per ripartire, al momento però li vedo tutti molto innaturali e sopratutto complicati, cosa che per un settore già in difficoltà può rendere la vita molto difficile alle realtà più piccole. Probabilmente i grandi concerti e soprattutto quelli finanziati potranno tenersi, ma tutta l'area della musica indipendente rischia di scomparire perchè già normalmente poco remunerata. Sinceramente credo che dobbiamo augurarci che il virus venga sconfitto o scompaia e si torni alla normalità e che questa esperienza porti alla creazione di una legge sulla musica che definisca nel migliore dei modi il nostro settore. Ci stiamo lavorando e se non ci disgregheremo forse per la prima volta in Italia sarà definito un profilo per tutti i musicisti e di tutto il settore di lavoratori che coinvolge.

Chi lavora nella musica si sta adattando all’impossibilità di suonare dal palco… preferisci optare per lo streaming?

In questi due messi ho suonato molto in streaming, ho fatto dei veri e propri concerti, mi ha fatto piacere sperimentare questo linguaggio e cercare di percepirne le caratteristiche, limiti, pregi e difetti. In una situazione di necessità è stata un'opzione che ritengo positiva, almeno siamo stati in contatto ed in qualche modo si è comunicato. Ma il vuoto della presenza di pubblico, del feedback della performance, degli occhi reali che ti guardano è insostituibile, direi indispensabile. L'energia che il pubblico ci rimanda è un elemento di socialità imprescindibile. Alla fine sono arrivato alla conclusione che lo streaming non lascia quasi nessuna emozione a chi fa la performance. La qualità dell'audio è catastrofica e quindi anche da questo punto di vista molto mortificante. Insomma va bene fare streaming durante un'emergenza drammatica, ma adottarla come sistema alternativo la vedo terribile. Meglio suonare davanti a tre persone reali che davanti a cento in streaming.

Hai aderito a un progetto di beneficienza insieme ad altri artisti. E ne è uscito fuori un videoclip, dal titolo “Pay For SudItaly”. Ce ne vuoi parlare?

La nostra categoria è molto sensibile e sempre disponibile a dare un contributo per cause a sfondo sociale. Come molti di voi sapranno la mia idea è che la musica è anche uno strumento di coesione e contribuisce all'evoluzione della società, per questo accade spesso di attivarsi a sostegno di chi è in difficoltà. In questo caso c'è stata una call per il dottor Paolo Ascierto dell'ospedale Cotugno di Napoli per aiutarlo nella raccolta fondi per la sua ricerca di un vaccino anti-Covid. L'idea è partita da Viviana Serretiello che ha contattato più di trenta artisti campani ed ha scritto un testo su un brano degli Squallor che incitava a donare. Ognuno di noi, da casa, ha cantato la sua parte e filmato la sua registrazione così abbiamo inviato il materiale che è stato montato e messo on line. Il brano è stato molto apprezzato e ad oggi ha ricevuto quasi mezzo milione di visualizzazioni e spero che anche i contributi siano stati così abbondanti.

Stai lavorando a nuovi progetti per il futuro?

Certo, la forza dell'arte sta nell'elasticità, la capacità di guardare oltre cercando forme di espressione nuove ed adeguate ai tempi. Ora si tratta di creare, scrivere ed immaginare un futuro. Sto scrivendo una colonna sonora per un documentario sull'ambiente nel quale riproduco suoni naturali con la mia inventiva, è un lavoro molto stimolante perchè riproduco suoni naturali con strumenti riciclati, chi ascolta non si accorgerà ad esempio che il suono dell'acqua che vede scorrere nel film in realtà è una busta di plastica sfregata in un certo modo. E' davvero un lavoro magico! Sto anche scrivendo nuovi brani tra cui uno che dovrebbe diventare un vero e proprio inno per l'ambiente. E penso sempre ad un nuovo album, al momento abbiamo pubblicato due inediti White Black e Le Mani Nel Sole che ne anticipano l'uscita. Ma bisognerà attendere ancora un po'.

Quali sono i consigli che daresti a un aspirante musicista?

Da un certo punto di vista questo lock down ci ha messo a disposizione tutto il tempo per studiare, sperimentarsi, provare a fare cose che nella vita normale sarebbero passate in secondo piano per motivi di tempo e concentrazione. Ho un figlio di diciannove anni che da qualche anno è entrato nel mondo della musica ed ho apprezzato moltissimo il suo impegno di questi giorni, non si è fatto prendere dalla depressione ed ha sperimentato moltissimo, credo che per lui questa pausa possa essere stata molto utile. Per un musicista la cosa più importante è rimanere sempre concentrati sul proprio obbiettivo, perchè nessuno ci obbliga anzi diciamo pure che bisogna combattere contro tanti luoghi comuni, quindi il mio consiglio è di darsi da fare, di tirare fuori idee e realizzarle. Non ci sono sistemi se non la propria forza di volontà, il nostro è un mondo anche molto solitario, molto introspettivo ed ognuno deve fare i conti con se stesso, con i desideri, con i limiti, le pigrizie, le paure. Sono tutte prove a cui siamo sottoposti, la determinazione nel nostro mestiere è un elemento centrale. Perciò il mio consiglio è di non sprecare il tempo, senza ansia, ma agire, cercare la strada e fare. Ogni canzone scritta, ogni brano suonato è un passo avanti verso la comprensione di se stessi e di cosa si vuole comunicare, che è il punto fondamentale di chi fa il musicista. Sapere cosa si vuol dire ci permette di dire...

Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro della musica?

Quello che penso è che la musica non è un'attività umana, ma sovrumana, perciò lei va e noi siamo solo gli altoparlanti di un mondo che vive a prescindere dagli umani. Per questo ci sarà sempre, e ci sarà sempre in qualunque condizione. Dalle difficoltà, dalle tragedie sono nate musiche incredibili. Se pensi che tutta la musica che ascoltiamo oggi è figlia della schiavitù dei popoli afroamericani! Da un'esperienza come questa del Covid non potrà che nascere qualcosa di bello. E' la natura della musica trasformare il brutto in bello, ed anche questa esperienza avrà la sua catarsi. Io sono figlio del terremoto dell'80, conosco il dramma della catastrofe naturale e sono una delle prove che da quella è nata una generazione di musicisti che hanno lasciato il segno. Non si tratta di ottimismo, ma di consapevolezza che l'arte supera le vicende umane, anzi aiuta gli umani a superarle.