Quma è una rock band. Attualmente sta promuovendo in giro per l'Italia il suo nuovo singolo ''Pandora's Box''.

Com'è nata la vostra band? Che musica fate?

I Quma sono nati nel 2015, quando Ale (chitarrista) e Fa (batterista) cercavano un bassista per un nuovo progetto. All'appello rispose Mane, che già conosceva Marco (cantante e polistrumentista), il quale si sarebbe unito al gruppo un anno dopo. Ci piace definire il nostro sound come crossover dalle influenze progressive, dal momento che i Quma sono nati proprio per unire sotto un'unica bandiera tutti i generi musicali ascoltati dai componenti. Il progressive è stato il primo tentativo di scavalcare i confini all'interno del rock; tuttavia, avendo oggi assunto una natura alquanto conservatrice, incline più a permanere in certi canoni fissi piuttosto che crearne di nuovi come fu al suo principio, ci affascina molto anche la contaminazione che avvenne durante gli anni '90 fra due universi lontanissimi, cioè il metal e l'hip hop. Nella nostra concezione, però, il crossover è molto più di questo, è anche contaminazione fra sonoro e visivo: quando suoniamo dal vivo ci trucchiamo e cerchiamo di imbastire un vero e proprio spettacolo con effetti speciali.

Quali sono state le esperienze che vi hanno maggiormente formato?

Innanzitutto, registrare il nostro primo album, De Vulgari Eloquentia, uscito nel 2017, completamente da soli e suonarlo dentro e fuori dal Piemonte in un mini tour che ci ha permesso di partecipare ad iniziative che portiamo ancora oggi nel cuore, come il Concertino dal balconcino di Torino. In  generale, per una band come la nostra che si è sempre fatta promotrice  del "Do It Yourself" (entro certi comprensibili limiti), le esperienze più significative sono state quelle su palchi a noi sconosciuti che, in  seguito all'apprezzamento da parte del pubblico, sono diventati la  nostra seconda casa: uno su tutti, il Padiglione 14 di Collegno.Ultimo ma non meno importante, girare i videoclip dei nostri brani con l'aiuto di un professionista è stato per noi un motivo di orgoglio inspiegabile a parole.

E' appena uscito il vostro singolo ''Pandora's Box''. Ce ne volete parlare?

Assolutamente sì! "Pandora's Box" è stata la nostra ultimissima pubblicazione, accompagnata da un videoclip, e vuole essere un'anticipazione del nostro secondo album, che uscirà questo inverno. Girato presso l'ex-manicomio di Racconigi (CN) e curato da Simone Visconti (Visco Studio Production), il video rappresenta la vicenda di Pandora, figura della mitologia greca interpretata dalla ballerina Federica Destefanis, legata alla diffusione dei mali nel mondo, alcuni dei quali impersonati dai noi membri del gruppo. Il video della canzone si propone di operare un'attualizzazione del racconto mitico in un microcosmo definito (che può rappresentare le vicende umane di chiunque), appoggiandosi ad un ambiente scarno ed inospitale come quello dell'ambientazione. Il testo, scritto da Ale, si attiene alla vicenda mitologica, mentre il sound del pezzo è un nuovo tassello nel nostro campo di sperimentazione, tra stoner e progressive metal.

Cosa pensate della musica attuale? Può essere considerata di qualità?

La giovane scena italiana è tornata ad essere molto florida e di questo siamo contenti, anche quando si tratta di generi musicali distanti dal nostro. Per fortuna ci sono anche casi di band che noi stessi abbiamo seguito quando militavano nel cosiddetto "indie" e ora sono approdati ad una major e sono conosciuti in tutta Italia, prova del fatto che il talento alla fine viene riconosciuto. A livello nazionale e internazionale, ci sembra che la situazione sia però la stessa di sempre: esiste musica di ottima qualità che convive con musica di pessima qualità, con una differenza sostanziale rispetto al passato; è cambiato il modo in cui la si fruisce, e la causa non è soltanto la rivoluzione digitale, ma anche e soprattutto l'industria musicale che con le sue scelte ha fatto sì che oggi le note, gli arrangiamenti, siano considerati di valore inferiore alle parole, mentre nella nostra visione è dall'unione di questi due elementi che nasce la vera musica, non importa se suonata con strumenti analogici o prodotta al computer, non ci interessano le faide. Se poi con qualità intendiamo creatività, contenuto che sia frutto di elaborazione razionale, coerenza dell'insieme, impatto, allora stiamo effettuando già un'importante delimitazione. Il fatto che molta della musica che ascoltiamo non derivi più da situazioni di creatività fine a sé stessa (dove si vuole  ottenere il meglio dalle proprie capacità, pur essendo un dato soggettivo), bensì da richieste specifiche del mercato discografico,  rende tutto estremamente labile, flessibile, passibile del giudizio di colui per il quale l'opera è stata concepita. Tornando al  punto della domanda, sicuramente non tutte le major oggi se la sentono di fare scelte audaci in questa direzione, quindi la maggior parte della  musica qualitativamente interessante resta fuori dall'orecchio dell'ascoltatore medio, abituato ad un modello di musica prestabilito e ormai disabituato a godere dell'imperfezione umana che c'è dietro  un'idea.

Riguardo la diffusione della musica  inedita. Quali sono le difficoltà per una band che vuole proporre la  propria musica ai locali, club, eventi live?

Parlando in linea di massima, il problema di fondo è che nessuno dà niente per niente. Quindi in molte realtà, se non sei in grado di garantire un certo standard in termini di pubblico, gli organizzatori non investono su di te pur gradendo la tua musica e sostanzialmente la situazione del gruppo ristagna, come pure quella della scena musicale. Un secondo problema è rappresentato dal pubblico, non sempre disposto ad ascoltare e comprendere. Per contro, invece, abbiamo avuto la fortuna di incontrare nel nostro percorso molte situazioni e ambienti favorevoli, aperti, dove il pubblico ha avuto voglia di dare fiducia ed è stato pronto a meravigliarsi. Chi non è, come noi, un "addetto ai lavori", dà per scontata la previa disponibilità e attenzione del gestore/organizzatore, ma la realtà è sempre più complicata di così.

Com'è il vostro rapporto con il web e i social?

Di amore e odio. Scherzi a parte, il mondo gira e procede nel tempo, quindi ci si adegua ai cambiamenti, per quanto possibile. Tutto ciò che è internet rappresenta un'arma a doppio taglio, che siamo felici di maneggiare nel modo in cui facciamo ora: lo utilizziamo per fornire una vetrina alla nostra entità di gruppo, nella speranza di attirare l'attenzione e guadagnare pubblico sotto il palco, senza farlo diventare un pretesto per autoglorificarci e cadere in una trappola molto diffusa al giorno d'oggi: andare alla ricerca del consenso a tutti i costi.

Come vedete il futuro della musica?

È  una domanda interessante, che però è anche più grande di noi. La musica è fatta di mode che vanno e vengono: chi oggi non ha posto, molto probabilmente lo avrà domani, perché il mercato è volubile e si evolve spaventosamente in fretta. Il rock in quanto categoria estetica è finito da un pezzo, ma sopravvive lo spirito con il quale è nato, ovvero sovvertire le regole. È facile pensare che ci sarà un crescente uso dell'elettronica e di effetti sintetici, come abbiamo già  avuto modo di ascoltare con il passaggio dall'era analogica a quella digitale, così com'è scontato supporre che la musica diventerà sempre  più "liquida", sempre meno legata a supporti fisici, nonostante l'attuale ritorno del vinile, che è tuttavia una manovra commerciale fondata sulla nostalgia ed è impossibile sapere quanto durerà. Tutto ciò potrà rappresentare un vantaggio o un ostacolo per le band del futuro, ma la musica è imprevedibile e troverà sicuramente un modo per uscirne vincitrice, al di là del marketing e delle mode.