La sperimentazione di nuove sonorità è il carburante indispensabile per migliorare come artista, e Simone Virgili lo sa bene. La sua curiosità e voglia di conoscere lo hanno portato, anche, a studiare e suonare più strumenti musicali. Il progetto che porta avanti s’intitola ‘’Collettivo miniera fonica’’.

Suoni il sax, il clarinetto e lo strumento elettronico a fiato AKAI EWI. Ti definisci polistrumentista? C’è uno di questi strumenti che predomina sugli altri?

Ho sempre un po’ di difficoltà se devo darmi una definizione. Direi, in questo caso, che suono diversi strumenti la cui origine, però, è abbastanza simile, e ne strimpello altri, ma questo non lo considero nemmeno suonarli. Non mi sento polistrumentista, i polistrumentisti sono persone che suonano ad alto livello strumenti molto diversi fra loro, stimo molto chi riesce a fare questo. Sicuramente lo strumento che predomina sugli altri è il sax. Ho iniziato da lì a 7 anni, poi sono passato al clarinetto per gli studi avanzati, e infine sono tornato al sax quando ho iniziato a suonare nell’attività live. Il sax, tenore in particolare, è lo strumento con cui sento di più un legame molto intimo e con cui sicuramente riesco a far uscire la mia anima.

Hai fondato un progetto sperimentale ‘’Collettivo miniera fonica’’ nel 2016. Ce ne vuoi parlare?

Il CMF è un’idea di band molto simile alle band di una volta, in cui si lavora tutti uniti da una sorta di simbiosi musicale, una miscela di anime/musicisti che producono qualcosa di speciale. Inoltre questo avviene senza porsi limiti o attribuirsi l’appartenenza a questo o quel genere, ogni ispirazione è ben accolta se a suo modo può funzionare.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Produrre molta musica inedita e portarla ovunque si possa andare.

Sei dedito alla sperimentazione di nuove sonorità. Cosa ti spinge ad andare in questa direzione?

Ho un’estrazione multi genere, poiché nei miei 25 anni di attività musicale ho suonato di tutto. Non ho un genere preferito di musica, le mie corde vibrano con tipi di musica molto diversi fra loro. Automaticamente mi piace sperimentare e fare ciò che l’ispirazione fa nascere, senza pensare di voler appartenere a un genere musicale preciso. Non pensare a questo è proprio la caratteristica del CMF, in effetti. Siamo tutti musicisti con un background diverso e con percorsi segnati da diverse contaminazioni, e la miscela che nasce è interessante.

Riguardo la diffusione di musica inedita, quali sono le difficoltà per un artista o una band che vuole proporre la propria musica ai locali, club, eventi live?

Oggi è relativamente facile mettere in circolo la propria musica, sicuramente internet e la tecnologia attuale permettono di “lanciare” in rete ciò che si produce. Il contro di questo è che c’è un mare di materiale di tanti artisti e l’utente si smarrisce al suo interno. Riguardo al proporre la propria musica per i locali, il problema è che tanta gente si propone con un approccio non professionale, parlando di cachet richiesto e anche di qualità della musica proposta. Il problema si complica di più perché il livello culturale medio di fruitori di musica, e anche di chi la sceglie per il proprio locale/evento, è molte volte basso e la qualità di ciò che si può trovare nei locali, globalmente, scende. E c’è meno spazio per chi sa fare “il mestiere” veramente.

In che modo il web e i social possono essere utili per far conoscere la propria musica?

La tecnologia di oggi offre grandi possibilità, si può arrivare a tanta gente in un attimo. I social, se ben usati, sono un buon veicolo per diffondere la propria arte. Ma come detto prima la gente ci trova ormai tanto, troppo, e quindi spesso ha un’attenzione superficiale verso l’infinito volume di informazioni ricevute.

Come vedi il futuro della musica?

Non so di preciso dove andremo. Spero, però, che il futuro ci riporti a come andavano le cose negli anni ‘70. Basta talent show, programmi che speculano sui sogni dei ragazzi, basta con il business effimero dei personaggi senza storia creati da chi ci si vuole arricchire e poi li butta via. Dobbiamo tornare alla scoperta della musica live, quella vera, e scoprire nei locali, con un contatto reale, gli artisti. Io ci spero molto, e sento che prima o poi la musica vera tornerà di moda.