Luca Fallini in arte Lùcafall, è un cantautore italiano. I suoi testi sono scritti spesso in lingua Inglese, e nell'ultimo album ‘’Mother Goes Plastic’’ il tema centrale è il viaggio spirituale.
Com’è nata la tua passione per la musica?
I primissimi ricordi provengono dall’infanzia, in particolare dal 2002/2003 quando io e mio fratello passavamo intere giornate davanti MTV. I videoclip in rotazione erano fantastici e tutta la musica trasmessa (nazionale e internazionale) dava un senso alle nostre giornate. Iniziai così un breve corso di chitarra classica, poi andai a lezioni di batteria, ebbi i primi gruppi e dopo diverse esperienze nel 2015 decisi di intraprendere anche un percorso solista, dando vita al progetto Lùcafall.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso le tua canzoni? Come mai i tuoi testi sono scritti spesso in inglese?
Nei primi due dischi la lingua inglese è stata utilizzata per un semplice fatto di gusto e spontaneità. I miei brani racchiudono tanti episodi della mia vita. In particolare nell’ultimo album il viaggio spirituale è il tema centrale. Giunti alla metà dei vent’anni è difficile capire cosa si stia vivendo, cosa si stia sognando, cosa si stia sperando. C’è una grande riflessione sulla differenza tra la realtà dei fatti e una percezione distorta delle cose.
Stai promuovendo il nuovo disco ‘’Mother Goes Plastic’’. Ce ne vuoi parlare?
L’idea di Mother Goes Plastic nasce nel 2017. La produzione è stata seguita da Antonio Patanè, il mio produttore di fiducia. Abbiamo deciso di intraprendere un viaggio musicale condito da una dose massiccia di elettronica. Gli esperimenti sonori sono stati molteplici, come l’utilizzo di iPad, talk box fatti in casa, campionamenti. Il lavoro è davvero stato denso, infatti ringrazio Antonio che segue attivamente il progetto. La band che ha registrato, la stessa che mi accompagna live, è formata da Lorenzo Degliesposti (basso), Francesco Paci (chitarra) e Giulio Serafini (batteria). L’album dunque ha uno spirito pop ed elettronico che incornicia indirettamente altre influenze musicali, databili sin dai primi anni ‘60 fino a ieri.
Autoproduzione oggi. Qual è la tua visione?
L’autoproduzione è indispensabile per un artista emergente. Ti permette di metterti in gioco realmente ma soprattutto di non essere vincolato da niente e nessuno. Si ha la libertà di esprimersi seguendo la propria passione e direzione. La gavetta consiste anche in questo: partire da soli, crearsi una propria fanbase e “farsi le ossa” per poi arrivare pian piano a realtà più ampie.
Riguardo la diffusione della musica inedita. Quali sono le difficoltà per un cantautore che vuole proporre la propria musica ai locali, club, eventi live?
Partendo dal presupposto che la scena indipendente italiana è satura, bisogna sempre individuare locali/festival che danno spazio ad un determinato genere musicale, al che sia più facile esibirsi in un luogo in cui la propria musica abbia un valore e può arrivare al pubblico. La difficoltà è anche legata alla parte economica. Nel mio caso cerco di dividere le serate in cui mi presento da solo (o in duo) per un live più acustico/elettronico, o con tutta la band in elettrico per un impatto più rock.
In che modo usi il web e social per la tua attività musicale?
Lo uso quasi quotidianamente per pubblicare tutti i movimenti del progetto: dalle pubblicazione delle date, foto e video di serate, racconti del disco. Su Youtube c’è un video-documentario di “Mother Goes Plastic”!
Come vedi il futuro della musica?
Il mercato musicale è in constante evoluzione. Il futuro della musica lo vedo più digitale. Nelle più grandi fiere musicali mondiali ci sono sempre più strumenti che interagiscono senza il tocco fisico del musicista, ma che basandosi su oscillatori percepiscono dei movimenti che producono suoni (tipo Theremin). Si parla di sistemi tecnologici molto avanzati che a me interessano e stimolano molto.