Intervista all’artista Il Mio Oblio - Mi sono sentito finalmente libero di scrivere davvero per come sono

L'artista Il Mio Oblio ha pubblicato un album "Bitter Bites". Scopriremo di più su di lui e sulle tracce dell'album nelle prossime righe.

Raccontaci un po' del tuo percorso musicale. Come è iniziato tutto per te?

Ragionandoci, forse è iniziato tutto per emulazione. Ho scoperto il rap alle elementari, da mio cugino più grande, che già scriveva le sue prime rime. Ed è stato subito un amore viscerale. Alle superiori ho cominciato con alcuni amici a provare a buttar giù qualche testo. Nell’arco di un paio d’anni, far musica si è trasformato da una semplice valvola di sfogo, in un vero e proprio scopo. Ho successivamente lavorato a qualche progetto localmente noto, tra piccoli successi e grandi delusioni che mi hanno infine portato ad allontanarmi e alienarmi dal mio processo creativo. Ho cominciato a vivere il far musica con frustrazione e a sentire stretto ciò che significa essere un rapper al giorno d’oggi. Quindi dopo anni di totale stop e di quasi melofobia, spinto dalla pura necessità di scrivere ancora una volta, ho cercato la mia dimensione. E l’ho trovata ne IL MIO OBLIO.

Il tuo nome d’arte, IL MIO OBLIO, è già molto evocativo. Cosa rappresenta per te questo “oblio” e perché hai deciso di farne il cuore del tuo progetto artistico?

Ho passato gli ultimi anni quasi come un eremita dei rapporti personali. Ho chiuso relazioni e amicizie importanti, da vittima e da carnefice. Ho bruciato tutti i ponti, guardandomi sempre indietro con rimpianti, ma nella speranza che tutti dimenticassero anche solo che esistessi. Ho cominciato a lasciarmi coccolare dal mio personale abisso, stretto nel suo abbraccio, finché non ho deciso di accoglierlo. Rivendicarlo.

“Bitter Bites” segna una sorta di rinascita per te, dopo un periodo di pausa e disillusione. Ci parli di questo album?

Il disco affronta, in tredici tracce, temi molto personali come insicurezze, ansie, errori, fallacie e frustrazioni, in una sorta di “egotrip” che esplora il rapporto con me stesso e con gli altri. Ha avuto una gestazione veloce, è stato scritto in un vero e proprio flusso di coscienza. Ripesca da eventi più o meno recenti della mia vita per poi rigurgitarli il più schiettamente possibile.

Quali sono stati i tuoi riferimenti sonori principali? E quanto hanno influito i tuoi ascolti adolescenziali nella costruzione del sound?

Per “BITTER BITES” ho cercato di creare un sound che riuscisse ad unire ciò che musicalmente ho sempre fatto, ossia il rap, con delle produzioni che richiamassero il punk-rock/pop-punk che ho sempre ascoltato, in quanto certo che questa commistione e crossover di generi riuscisse a far trasparire più sinceramente le mie emozioni. Mi sono sentito finalmente libero di scrivere davvero per come sono, senza i dogmi e limiti imposti dagli standard di genere.

L’amore, in queste canzoni, appare come qualcosa di viscerale, totalizzante. È più una salvezza o una condanna, per te?

Ho sempre desiderato che fosse una salvezza, ma l’ho vissuto più spesso come condanna. Perché idealizzo, perché confondo amore con ossessione, presenza con bisogno. Le mie canzoni parlano d’amore in quel modo: come qualcosa che travolge ma che può lasciare anche serie e profonde cicatrici. Tutto sommato penso che l’amore sia entrambe le cose. È salvezza nel momento in cui ti illude di poterti riparare, aggiustare ciò che è rotto, di poterti redimere. Ma è condanna quando diventa dipendenza, quando ti annulli per l’altro o quando smetti di riconoscerti. È totalizzante perché ti espone: a momenti meravigliosi e che sei dannatamente grato di aver potuto vivere, ma in alcuni casi anche al vero e proprio inferno.

Scrivere testi è per te una forma di terapia. Come affronti il processo creativo? Parti da un’idea precisa o ti lasci guidare dal flusso emotivo?

Mi approccio alla scrittura in due modi: o con l’impellenza di mettere nero su bianco ciò che provo in quel preciso momento, oppure lasciandomi guidare da ciò che mi trasmette il tappeto musicale. Spesso scrivo in modo istintivo, quasi fosse “scrittura medianica”. A volte ho come la sensazione che ci sia qualcosa — o qualcuno — che mi detta le parole.

Ci sono artisti o generi musicali che ti hanno particolarmente influenzato nel corso degli anni?

Ho avuto la fortuna di essere esposto a tantissima musica, sia da bambino in casa, sia da adolescente, grazie a un giro di amici molto eterogeneo. Rap, punk-rock e nu metal sono i generi che mi hanno più segnato e formato. I miei ascolti sono sempre stati “schizofrenici”: dal rap westcoast di Kurupt e tutti gli artisti dell’era d’oro della Death Row Records, ai The Offspring, Blink-182, Millencolin, fino ad arrivare a Slipknot, Korn e Linkin Park. In Italia, le mie influenze maggiori sono sicuramente Tormento, i Pornoriviste e i Linea77

Come vedi il ruolo della musica nella società di oggi? Pensi che gli artisti abbiano una responsabilità sociale o che la musica debba essere più intima e personale?

No, la musica non ha di per sé una responsabilità sociale. Non deve per forza educare. Può sicuramente farlo, e quando ciò avviene, il messaggio può essere davvero potente. Ma è in generale io la vedo semplicemente come una forma - in questo caso la mia preferita - d’espressione artistica. E se certi testi nascono dal malessere devono essere espressione del malessere senza alcun tipo di edulcorazione. Si parla molto, ad esempio, della misoginia nei testi, in particolare in quelli rap e trap, ma bisogna rendersi conto che si tratta solo della fisiologica espressione della società in cui viviamo. Cominciamo piuttosto con l’educare sentimentalmente gli adulti del presente, ma soprattutto quelli del futuro, in casa e a scuola, che siano maschi o femmine. Non si può pretendere che cambi il linguaggio della musica se non cambia prima quello della società. Se no rimarrà un circolo vizioso che si autoalimenta.

Hai già in mente altri progetti futuri? Guardando al futuro, come ti immagini come artista nei prossimi anni?

“BITTER BITES” è il primo album di una trilogia che ho già scritto e ho intenzione di rilasciare tra questo e il prossimo anno. Sono dei lavori complementari, tutti collegati a livello di sound e di tematiche. Ognuno è però unico a suo modo e di album in album si andrà sempre più a fondo affrontando le mie insicurezze, fobie, traumi.