I Deanera sono una band italiana. Di Lacrime e di Sogni è il loro primo album, uscito il 31 ottobre 2019.
Com'è nata la vostra band? Che musica fate?
I Deanera nascono dal ventennale sodalizio musicale fra il cantante Giordano Marchetti, il bassista Nicola Dotti ed il batterista Mauro Chiarini; sulle ceneri di talune formazioni precedenti, spazianti dall’hard rock al progressive, dall’elettronica al pop, dopo un periodo di pausa di un paio d’anni la necessità di rimettersi in gioco era divenuta insostenibile. Così, cooptando il giovane chitarrista Marco Inselvini, è nato questo progetto nuovo di zecca, nel quale cerchiamo di convogliare le nostre più svariate esperienze musicali verso un prodotto creativo unico ed originale. Non sapremmo definirti che musica facciamo. È musica e basta. Noi speriamo solo che sia buona.
Quali sono state le tappe più importanti del vostro percorso musicale?
Sicuramente l’uscita nell’autunno del ’18 del nostro primo singolo, Sentire il cielo, con il contestuale video girato da Nicolò Plebani, fu il primo impulso al nostro progetto. Si tratta di un brano spiccatamente pop, sebbene il testo molto particolare (come un po’ tutti i testi del nostro cantante) ed un raffinato arrangiamento di archi affidato a Luca Figliuoli lo impreziosiscano particolarmente. Fu un test importante per noi, era il primo brano che avevamo composto come Deanera, e ci permise di vincere il Premio Radio istituito da Radio Bresciasette, nel contesto del Brescia Music Festival. Ma sapevamo che il nostro banco di prova sarebbe stato un album completo. Chiusi in studio per due anni a comporre, ci siamo poi affidati alla Rabbit Productions di Robin Marchetti, e dopo sei mesi di pre-produzione ed altri sei di registrazione, mixing e mastering, abbiamo approntato il nostro primo lavoro completo: l’album Di Lacrime e di Sogni, prodotto da noi e Robin Marchetti. Nel novembre ’19 i brani dell’album ci hanno permesso di vincere il contest musicale Blast II.
E' uscito il vostro primo album Di Lacrime e di Sogni. Ce ne volete parlare?
Si tratta di un lavoro di otto tracce che abbiamo selezionato fra le nostre composizioni, e disponibile dal 31 ottobre 2019 su qualunque store digitale, oltre che in copia fisica su cd ai nostri concerti live, con un libretto completo di tutti i testi e di una splendida grafica curata da Marco Longo. Al momento siamo usciti con tre singoli: Parla piano, Emma e E scuoteva il giorno. Ognuno dei singoli naturalmente è corredato del relativo video. Il tema grafico che abbiamo scelto per l’album sono gli anni ’30 e ’40 del XX secolo, la copertina richiama il surrealismo del periodo, ogni canzone è collegata ad un film famoso dell’epoca, sia nella grafica del cd, sia nei videoclip rintracciabili sul nostro canale YouTube, tutti a cura di Nicolò Plebani. Il lavoro è decisamente vario, cerca di rappresentare al meglio la nostra anima musicalmente nomade, scevra di un vero epicentro stilistico. Una base ritmica solida ed eclettica, un lavoro chitarristico curato, preciso ed inventivo, linee melodiche intense unite ad una voce tecnica e flessibile ed a testi sicuramente studiati e talora impegnativi, hanno prodotto un lavoro artistico profondamente stratificato, apprezzabile sia dal profano che dall’esperto conoscitore di musica. La perfetta produzione con Robin Marchetti ha poi permesso di individuare ed esaltare i nostri punti di forza, ottenendo un prodotto estremamente valido e professionale.
Qual è il messaggio che volete comunicare attraverso le vostre canzoni?
Noi vogliamo emozionare. Vogliamo far sognare chi ci ascolta. Vogliamo che rida, pianga, balli, vogliamo che riviva i momenti più intensi della sua vita, che si immedesimi in ciò che stiamo raccontando, che trovi nuovi stimoli di meraviglia e splendore per rendere la sua stessa vita più simile ad un’opera d’arte, e per rendersi conto che forse un po’ già lo è. Vogliamo che chi ci ascolti diventi un po’ migliore. Vogliamo che si ricordi di noi come di qualcosa che l’ha arricchito. Vogliamo lasciare una traccia di noi. Questa è la nostra mission.
Cosa pensate della situazione attuale riguardante i concerti?
Il panorama live pare avvizzire sempre più, sempre meno luoghi in cui proporsi, sempre meno pubblico ai concerti, sempre meno risorse a disposizione. Per una band come noi che fonda la composizione dei brani, il loro arrangiamento e la loro esecuzione sulle performance dal vivo, questo rappresenta sicuramente un ostacolo. Fortunatamente per noi c’è ancora chi sa apprezzare un bel concerto e chi è disposto a proporre musica inedita live, e ci divertiamo molto a far volare per una sera chi ha avuto il cuore di venire ad assistere ad un nostro show.
Ci sono degli artisti a cui vi ispirate per la vostra musica?
A tutti e a nessuno in particolare. Noi non scimmiottiamo. Noi siamo unici.
Quali sono i pro e i contro dell'era digitale?
La digitalizzazione ha rappresentato un enorme amplificatore. Chiunque può raggiungere chiunque altro, può far sentire ciò che ha da dire quasi ad ognuno sul globo terracqueo, ha a disposizione canali infiniti per mostrarsi. D’altro canto questo ha talmente polverizzato la possibilità dell’offerta musicale da rendere molto difficile distinguere una cosa da un’altra, e quella che sembrava un’occasione unica, far sentire per una volta la propria voce, si è rivelata semplicemente un’illusione: la propria voce è ritornata ad essere quello che era prima, una in mezzo a miliardi. Il punto a favore è che chiunque può pubblicare il proprio album. Il punto a sfavore è che chiunque può pubblicare il proprio album. Inoltre la digitalizzazione ha veicolato nel vasto pubblico l’idea che l’arte debba essere gratuita, che sia in qualche modo un diritto acquisito del consumatore, come l’aria o la luce del sole. Ci spiace puntualizzare che non è così, e non deve esserlo. Quando lo diventa, il livello qualitativo inevitabilmente si abbassa, poiché si costringe l’artista ad inseguire, non a proporre, a soddisfare e non ad ispirare. E l’artista non è un produttore di prosciutti, con il massimo rispetto per i produttori di prosciutti; lungi da noi l’idea di un’intellettuale avulso dalla realtà e chiuso nella propria torre d’avorio a comporre opere incomprensibili ai profani, però nemmeno quella di un marchettaro da cinque hit al mese costruite a tavolino per poter sbarcare il lunario ci alletta più di tanto. La musica, come qualunque genere di arte, ci spiace dirlo, va pagata per poterne fruire. È studio, impegno, migliaia di ore, notti insonni, chilometri su chilometri. È lavoro duro. E va rispettato e ricompensato. Forse sarà una posizione impopolare, ma è così che la pensiamo.
Come vedete il futuro della musica?
Finché ci sarà nel mondo una sola persona che batterà le proprie mani perché sa che quel verso parla di lei, finché ci sarà una donna che piange ai fornelli mentre ascolta una melodia che le ricorda quando era innocente e viva, finché ci saranno due ragazzi che fanno l’amore in auto con in radio un pezzo che da lì in avanti sarà la loro canzone, fino ad allora ci sarà musica. In qualunque forma la si voglia declinare. Analogica o digitale, celebre o sconosciuta. E i musicisti non dovrebbero stracciarsi le vesti per il successo. La fama è una creatura effimera: la vera gloria è immortale.