Il pianista e compositore Stefano Rachini ci presenta il suo nuovo disco "Where the spirit", uscito il 15 novembre 2019.
Ci approfondisci i tuoi studi musicali?
Ho cominciato i miei studi di pianoforte classico all’età di 6 anni. Essendo dotato fin da subito di un buon orecchio, ho sempre avuto la tendenza a leggere la musica e memorizzarla chiudendo quasi subito lo spartito. Ho così sviluppato creatività compositiva e tecniche di improvvisazione personali. Mi considero un improvvisatore classico. Ho suonato in band di orientamento R&B, Pop, Rock e iniziato un percorso di studio nell’ambito del Jazz ma senza mai avere l’interesse di proseguire in quella direzione.
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
I miei studi scientifici mi hanno dato una mente molto razionale, ma è con l’arte, con la musica, con la lettura più variegata e con il viaggiare che ho aperto porte sull’irrazionale, il metafisico, lo spirituale. Se devo citare un’esperienza specifica, senza dubbio il vivere all’estero, in Olanda, e il confrontarmi con molte culture diverse dalla mia. E’ un’esperienza che raccomanderei a chiunque per imparare l’arte della relativizzazione.
E’ uscito il tuo disco ‘’Where the spirit’’. Ce ne vuoi parlare?
Con l’album Where the Spirit ho cercato di ampliare l’esperienza della mia prima produzione, “Reflections”, coniugando la parte improvvisata con una compositiva di carattere ambient o classico contemporaneo arricchita dall’utilizzo di sovraincisioni orchestrali. Where the Spirit è la ricerca di un luogo che è allo stesso tempo ovunque e da nessuna parte, come lo Spirito. Il percorso di vita, un percorso che avviene fisicamente nelle strade che percorriamo tutti i giorni, con le nostre scelte, ma anche interiormente con le emozioni e spiritualmente con la graduale presa di coscienza esistenziale. Per questo il brano ‘Another road to take’ – di cui ho prodotto una clip che richiama i cambiamenti di scenari, i ritorni, ma anche l’intimità emozionale che si manifesta attraverso la musica - è seguito da momenti di assoluta leggerezza (‘Lightly so’) ma anche dai tormenti della mente (‘In the brain’), seguiti da considerazioni sulla differenza tra fede e destino, la presenza dello Spirito in sottofondo, che ci porta inizialmente a meravigliarci e poi ad avere delle intuizioni, fino alla fine della strada che però non è mai una fine, perché presto un’altra strada è da intraprendere in questa ascesa infinita. Per me è un album intimo. Ho messo dentro molto della mia intimità.
Quali sono i pro e i contro dell'era digitale?
Non possiamo prescindere dall’era digitale, dobbiamo venirne a patti. Gli strumenti dell’era digitale sono strumenti di grande potenza. Utilizzarli al fine del bene o del male fa la differenza tra i pro e i contro. Sembra una banalità ma secondo me è tutto qui. E se mi chiedi la differenza tra bene e male, per me è bene tutto ciò che eleva lo spirito e la coscienza (consapevolezza) dell’uomo, è male la sua negazione.
Cosa pensi della situazione attuale riguardante i concerti?
Non ne so molto. La mia impressione è che ci sia troppo di tutto e molto rumore, e non sto parlando solo della musica. L’attenzione per la musica dal vivo è dissipata dal commercio di immagini e suoni. La musica live dovrebbe essere un momento di connessione, di creatività estemporanea. Ma al giorno d’oggi si preferisce essere connessi alla rete e non ad eventi e persone reali. Speriamo almeno ritorni un fenomeno vintage!
Che consiglio daresti a un aspirante musicista?
Segui il tuo istinto, il tuo cuore. La musica deve essere il più possibile vicina alle proprie vibrazioni. Se qualcosa deve succedere, succederà. E sarai tu, non un altro.
Come vedi il futuro della musica?
Non lo so, non so immaginarmelo. Ho solo la speranza che la musica rimanga quella forma d’arte che lega e connette le anime nel nome di una umanità in evoluzione.
E' possibile trovare il disco "Where the spirit" sulle piattaforme digitali: