Francesco Aubry è un musicista e cantautore poliedrico. Per lui la sperimentazione di nuove sonorità è importante e si intravede nelle sue canzoni. Il suo prossimo singolo s'intitola "I tramonti su marte".
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
Sicuramente la lunga e intensa attività di live in progetti di Tribute Band, come Pink Floyd e Doors. Ho sempre scelto percorsi che potessero valorizzare al meglio la mia propensione alla ricerca sonora e un certo tipo di sonorità che appartengono ai decenni passati. Credo che dopo centinaia di concerti si finisca per “pensare” come i propri musicisti di riferimento e che lo si voglia o no certe cose riemergono poi nelle proprie produzioni.
Tra poco uscirà il nuovo singolo "I tramonti su marte". Ce ne vuoi parlare? Altri progetti per il futuro?
Questo brano vuole essere una personale svolta sia stilistica che a livello di marketing per quanto riguarda il mio percorso da solista. “Lontano da qui” (uscito lo scorso Aprile) è stato un disco inaspettato e nato quasi per caso, confezionato molto in fretta e raccoglieva volutamente dei brani dalla forma pop nella sua eccezione più classica. Il mio background musicale è fatto però di sintetizzatori, amore per il Prog e le sonorità analogiche. La direzione presa con questo brano è quella del tentativo di far convivere la “forma-canzone” classica con sonorità che appartengono a un mondo più di nicchia. Questo aspetto sarà sicuramente presente nei prossimi brani che saranno proposti come singoli a distanza di qualche mese. Credo che questa sia la strategia idonea per cercare di farsi conoscere al meglio e destinata almeno per gli indipendenti a sostituire il vecchio modello dell’album pubblicato ogni paio d’anni: le abitudini e i formati di ascolto sono cambiati e bisogna adeguarsi.
Qual è il messaggio che vuoi comunicare attraverso le tue canzoni?
Raccontano la mia vita, mai in maniera diretta, spesso mediante storie e altri personaggi, ma in un modo e nell’altro parlo di me. Questo apparente distacco mi permette di toccare gli argomenti da una prospettiva meno individualista e credo favorisca in qualche modo l’immedesimazione di chi ascolta.
Sei aperto alla sperimentazione. Cosa ti porta verso questa direzione?
Adoro i synth e la creazione dei suoni mediante la sintesi, le band che ne hanno fatto uso, il modo in cui Beatles hanno iniziato a giocare col Mellotron piuttosto che Battiato coi primi synth. In un modo o nell’altro, però, sono sempre tornati alla melodia e ai ritornelli. Credo che sia questa attitudine ad ispirarmi.
Cosa pensi della situazione musicale riguardante i concerti?
Difficile proporsi per chi scrive e difficile per chi ripropone generi distanti dalla domanda attuale. Il problema ha radici più profonde e coinvolge soprattutto le nuove generazioni.
Com'è il tuo rapporto con il web e i social?
È lo strumento del futuro anzi già del presente per gli indipendenti che cercano di farsi conoscere. Permette di tenere traccia del proprio pubblico e consente di intercettare quella fetta di persone che probabilmente saranno predisposte al tipo di musica proposta. Ci sono anche tanti aspetti direi scivolosi e bisogna imparare a muoversi in questo contesto, dove non mancano i cosiddetti “squali”.
Come vedi il futuro della musica?
Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione, e come ogni cambiamento porta con se aspetti positivi come la facilità di fruibilità e il potersi costruire facilmente una cultura musicale, o negativi, come il fatto che ormai gran parte del business attinge dagli stessi artisti, con tutto il sottobosco di migliaia di indipendenti disposti a spendere cifre a tre zeri per promozioni dal ritorno discutibile o peggio ancora per acquistare visualizzazioni e play falsi sui servizi di streaming. Credo che comunque la musica come tutte le forme d’arte abbia la fortuna di essere fortemente soggettiva, e un po’ come successo per le emittenti televisive ci sarà più spazio per tutti, starà poi a chi ascolta decidere di rivolgersi a produzioni e generi più o meno di qualità.