Quella di Valerio Petriachi è una ricerca, della musica e sempre più approfonditamente del suono, tanto da innamorarsi delle percussioni come strumento per la sua sperimentazione. E' dalla ricerca di questo suono che l'artista può trarre la sua unicità e personalità artistica.

Com'è nata la tua passione per la musica?

La passione per la musica è nata tardiva rispetto al mio percorso. Vivo praticamente da sempre a Pomezia nella periferia romana, dove gli impulsi musicali non sono moltissimi. In famiglia sono tutti appassionati di musica, ma nessuno ha mai suonato nulla. Ciononostante sono sempre andato con loro a tanti concerti. La mia svolta fu quando alle superiori andai a studiare a Roma e mi confrontai con altri ragazzi appassionati di musica con i quali ci "fomentammo" a vicenda. Comprai in un mercatino dell'usato, una chitarra acustica a pochi soldi con l'intento di risistemarla. Non la risistemai mai per pigrizia, ma mi venne fatto notare da un collega di mio padre che suona la batteria, che il più del tempo lo passavo a percuotere la cassa della chitarra come se fosse una percussione. M'iscrissi a Pomezia ad un corso di batteria con Luca Fareri e da lì partì il mio percorso musicale. Fu prima di tutto un appassionarmi alla musica e all'ascolto, poi allo strumento. Fu una grande folgorazione e divenni un onnivoro musicale. Ancora oggi devo risistemare la chitarra dalla quale partì tutto, ma ora suonando i miei tamburi uso degli effetti per chitarra. Mi piace pensare che questo sia un modo per raccontare la mia storia ed i miei inizi da chitarrista mancato.

Il titolo del tuo progetto è ''Basta scrivere Valerio'', con la batteria solista come strumento principale. Ce ne vuoi parlare?

Amo definirla la mia sfida anarchica all'immaginazione di chi mi ascolta. E' un'avanguardia musicale che riprende concetti del rumorismo e li elabora in chiave più moderna, dove l'unica regola è continuare a regalare emozioni a chi ti ascolta, incuriosendolo con nuove proposte mai scontate. Faccio degli assoli di batteria e percussioni in maniera molto libera ed emozionale, dove commistiono suoni acustici e suoni che vengono ripresi da un microfono e processati da effetti per chitarra come distorsori, wah wah, phaser e molti altri. Prima di iniziare quest'avventura sonora, spesso nei gruppi non trovavo la mia dimensione. Ero un batterista atipico che ragionava più da percussionista che non da batterista. Ogni volta che un progetto andava in malora, mio padre per appuntarmi mi diceva "Con il carattere che ti ritrovi dovresti suonare da solo, ma con la batteria mica puoi suonare da solo". In realtà in giro per il mondo ci sono moltissimi batteristi solisti, ma il più delle volte erano virtuosi ipertecnici che poco mi entusiasmavano. Continuai a suonare in cover band, ma sentivo che fosse una cosa che mi andasse stretta come indole artistica, finchè un giorno non vidi in un locale romano Michele Rabbia esibirsi in un solo. Fu una rivelazione, una vera folgorazione che mi fece dubitare di ogni cosa avessi sentito fino a quel momento. Abbandonai i progetti dove stavo suonando e iniziai a giocare con questi suoni di percussione, destrutturandoli dalla loro normale natura per immaginare nuovi suoni. I primi tentativi erano piuttosto acerbi e bislacchi, e che forse cadevano fin tropppo in qualche manierismo. Poi una sera un altro grande percussionista, Massimo Carrano, mi fece notare che rispetto agli altri che si erano cimentati in esperienze di "solo drummer", tutti venivano da ambienti legati al jazz o alla world music, io invece ero una strana anomalia perchè venivo dal rock e dal prog. Capii che questa mia unicità era un qualcosa sulla quale avrei dovuto lavorare ed iniziai a calcare la mano su questo aspetto. Di recente ho avuto maniera di portare il mio progetto a servizio di un ensemble guidato dall'immenso pianista Stefano Battaglia dove eravamo 23 artisti di diverse arti e provenienti da diverse regioni d'Italia. Da quel momento in poi il mio progetto è letteralmente esploso e sta suscitando molta curiosità da parte di molti altri musicisti. A giugno ho suonato insieme all'ensemble Musica Arsa, allo spazio Time Off di Salerno : abbiamo musicato dal vivo un attore che leggeva il capolavoro horror "It" di Stephen King. Amo queste contaminazioni tra le varie arti e penso che sarà un qualcosa che ricercherò sempre più.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Il progetto incuriosisce molto e ne sono contento. Quello che volevo ottenere è che fosse un qualcosa che non lasciasse indifferente, e finalmente lo sto ottenendo. Effettivamente ho investito molto tempo sul crearmi una mia unicità e solo ora sto trovando qualche responso, e la stima dimostratami da alcuni grandi musicisti navigati mi inorgoglisce molto. Sto ricevendo diverse offerte di collaborazione, in particolar modo da altri percussionisti e percussionisti, ma anche da altri strumentisti attinenti all'ambito della musica d'avanguardia e free. In particolare sto provando con un altro percussionista d'avanguardia che ho sempre apprezzato particolarmente per il suo grande estro che è Enrico Pulcinelli, un grande ricercatore e genio assoluto del suono. Ho registrato dei suoni per un video del progetto solista di Alessandro “Duccio” Luccioli (batterista per Mirkoeilcane, Lavinia Mancusi, Randy Roberts, Mimosa Campironi ed altri), un batterista molto in gamba stimo profondamente, che vuole fare un connubbio molto interessante tra arti visive e musica. Più avanti vorrei registrare diversi video dove contamino la mia musica con altri artisti e mi piacerebbe che fossero esperienze di "live painting", improvvisazioni con ballerini, attori ed anche perchè no ... anche altri musicisti :)

Quanto è importante lo studio e la costanza per imparare a suonare uno strumento?

Prima di tutto vorrei fare una precisazione. Per me studio è anche ascoltare musica, parlare con altri musicisti e circondarsi più in generale di arte. Come dice il mio amico e grande batterista Danilo Menna, "studiare batteria è anche leggere un libro o vedere un film". Non bisogna dimenticarsi che quando facciamo musica, facciamo arte e se continuiamo ad incuriosirci e a ricercare l'arte anche sotto altre forme, in un certo senso stiamo studiando per migliorare la nostra esigenza ed espressione artistica. In fin dei conti l'arte è prima di tutto comunicazione e più siamo sinceri a raccontare il mondo attorno a noi, più saremo onesti verso lo spettatore nel proporgli un prodotto atto a migliorare la percezione del momento che sta vivendo insieme a noi. Detto ciò (scusate il "pippone fricchettone") la curiosità è alla base di tutto, perciò mai sentirsi arrivati e continuare a ricercare, ascoltare, guardare e farsi contaminare. Solo così si migliorerà sempre e questo processo penso che sia fondamentale e primario in ogni persona che voglia definirsi "artista", piuttosto che mero esecutore che usa gli strumenti musicali al pari di strumenti da ginnastica.

Cosa pensi della situazione musicale in Italia riguardante i concerti?

Tolti i soliti nomi, i grandi concerti si sono spostati dagli stadi ai palazzetti dello sport e quando si fanno gli stadi è perchè si fanno poche date. Questa immagine delle situazioni più grandi però da anche una dimensione di quello che è il sottobosco della musica dal vivo in Italia e non solo. Non si fanno più lunghe tourneè, nei locali è un continuo aprire e chiudere, i teatri cadono a pezzi, i festival sono ostici da organizzare ed il più delle volte chiudono il bilancio in negativo. Forse non bisogna più pensare a questi spazi. Musicalmente appartengo ad una minoranza che ancora non richiama ancora grandissimo pubblico, ma incuriosisce molto. Spero che questa curiosità cresca sempre più e riporti la gente a popolare teatri e grandi spazi, ma non di rado mi è capitato di assistere a concerti molto belli fatti sullo stile di "house concert", in studi fotografici o gallerie d'arte. Spazi piccoli, ma dove l'esigenza artistica è meglio valorizzata, e molti amici in giro per il mondo mi hanno detto che anche là succede lo stesso da tempo. In fin dei conti, molti dei grandi miti della musica del '900 hanno iniziato in locali che erano delle piccole cantine (Music In e Folkstudio solo per citarne alcuni esempi eclatanti) e che ancora oggi celebriamo come spazi dov'è stata scritta la storia della musica. Penso che si continueranno sempre a fare concerti e musica dal vivo, ma difficilmente si tornerà ai fasti di qualche anno fa. Penso che parte del proprio "fatturato" un musicista lo debba sempre più interpretare come parte delle azioni che fa su un palco fisico, e parte su un palco virtuale ... ahimè, perchè io i palchi virtuali li detesto, ma è indubbio che in un locale entrano 40/50 persone, su internet ne possono arrivare anche migliaia.

In che modo il web e i social sono utili per la tua attività di musicista?

Internet è stato il fenomeno più drammaticamente punk di sempre a livello musicale. Sta dividendo drasticamente il mondo di prima da quello di dopo, lasciando sul proprio percorso un gran numero di cadaveri sanguinolenti. E' croce e delizia. Croce perchè ha imposto dei ritmi e dei livelli veramente difficilmente sostenibili, e sempre più vicini ai soli "15 minuti di notorietà" che predisse Andy Warhol. Bisogna stare sempre sul pezzo e scommettere sempre tantissimo su noi stessi. La freneticità è nemica dell'arte da sempre, ma questo è il mondo che ci troviamo e ci troveremo sempre più ad affrontare. Questo però deve sempre farci riflettere ed interrogarci su quello che proponiamo. Non sono più ammessi passi falsi. La mia scommessa su me stesso è stata guidata sulla ricerca di una mia personalità e su questa strada continuerò a lavorare. La delizia di questa croce è data però dal fatto che ora puoi proporre il tuo prodotto musicale a tutto il mondo e tutto il mondo può scoprirti e lasciarsi influenzare da te. Ora il mio nome è conosciuto anche in zone d'Italia dove fisicamente non sono mai stato. E' delizia anche perchè capisci l'immensità della propria ignoranza rispetto alla conoscenza globale della musica e ti vengono dati i mezzi per ascoltare quanta più musica differente. A quel punto sta a te sapertici rapportare correttamente. Purtroppo come tutti i mezzi potenti, c'è il rischio che questi giocattoloni vengano dati in mani sbagliate e che tentano sempre più di fare tensione e divisione, innescando delle "battaglie tra poveri", ma come tutto sta alla propria intelligenza sapercisi divincolare da queste strategie. Internet per me sta diventando importante anche perchè ho un blog "Il tamburo parlante" nel quale intervisto, propongo artisti che hanno cose nuove da dire sullo strumento, oltre a curiosità storiche e percussioni che vengono da tutto il mondo.

Come vedi il futuro della musica?

I negozi di musica sono morti, schiavi del loro non sapersi mettere in discussione e guardare il mondo che stava avanzando. Ho lavorato nei due principali negozi di strumenti musicali di Roma e la loro situazione è alquanto comatosa così come nel resto d'Italia. I dischi non si vendono, le riviste non esistono più, i concerti sono quasi sempre lontani dai pienoni, le scuole di musiche puzzano di muffa e stantio e stanno in grande difficoltà. Lavorando ad una fiera di strumenti musicali, m'incantai a vedere una performance di due ottimi musicisti. Al momento in cui andai a salutare e complimentarmi con il responsabile dello stand, mi disse che per lui aveva fallito con quell'esibizione. Difatti c'erano un padre con il figlio allo stand. Il padre era presissimo dall'esibizione, il figlio giocava a Candy Crush sul tablet. Il futuro della musica sono futuri adulti che alla musica, preferiscono Candy Crush ... Questa riflessione però deve portare anche al fatto che il mondo sta cambiando drasticamente. Quando ero bambino io c'erano tantissimi programmi musicali e le informazioni erano abbastanza veicolate. Non dico affatto che fosse meglio, ma ora le informazioni sono tantissime (sicuramente troppe) e manca una direzione o un mezzo per filtrarle. La musica e l'arte devono essere sempre libere, ma quello che ne consegue nella gran confusione dei giorni odierni è una gran confusione ed un minor attrazione verso il prodotto "musica". Internet e la rete hanno cambiato la nostra mente ed il modo di approcciarci alle cose, rimanere a guardarsi indietro e rimpiangere "i bei tempi andati" è un modo sicuro per lasciarci sommergere dall'onda nuova che è arrivata ed arriverà. Il mondo che arriverà sarà meno poetico e più povero di contenuti tangibili, più schiavo della frenesia imposta da una società schizzofrenica, ma che alla fine c'impone di migliorarci sempre e comunque perchè qualcun altro da qualche parte del mondo sta facendo la stessa cosa tua, ma probabilmente in maniera migliore. Non bisogna interpretarla come concorrenza, ma come consapevolezza di essere fragili e di avere sempre e comunque qualcosa da migliorare o da comprendere meglio. Sono un fiero ambasciatore del potere della comunità e sul farsi forza vicendevolmente, supportandosi a vicenda. Internet ha semplicemente allargato i confini delle comunità ... Per fortuna o purtroppo ... "Imagine there's no countries". Ho sempre trovato insulso e puerile il testo di Imagine di John Lennon e lo paragono alle frasi da Miss Italia del tipo "Vorrei la pace nel mondo". Eppure Internet ci sta regalando un mondo senza alcuna frontiera e le generazioni a venire dopo la mia ne sono sempre più conscie e più abili ad addentraricisi in questo mondo senza alcuna frontiera.