Per il cantautore Antonio Merola sperimentare e comunicare messaggi di positività nelle sue canzoni è importante. Il suo progetto s'intitola "Motel".
Com’è nata la tua passione per la musica?
La musica mi ha sempre accompagnato fin da piccolo. A casa, mia madre ascoltava dischi e ogni volta per me era una festa. Spesso mi chiudevo in macchina con l’autoradio, credo di aver scaricato un paio di batterie! Col passare degli anni, ho cominciato a suonare la chitarra, ho scoperto che accompagnarsi mentre si canta è ancora più entusiasmante e, così, tutt’oggi, non riesco a smettere.
Ci parli del tuo progetto "Motel"?
Imprimere le mie emozioni su carta per me è un meccanismo naturale che mi accompagna fin dall’infanzia. Il progetto Motel ha trasformato tutto questo in musica, in canzoni. Grazie alla collaborazione di validi musicisti (Fabrizio Gallina al basso, Luca Lobefaro alla batteria, Patrizio D’Andrea alla pre-produzione e Antonio Maresca alla post-produzione), sto cercando di costruire, pezzo dopo pezzo, un lavoro interessante e mai scontato, in cui si mettono in risalto testo e musica, senza dare maggior rilievo ad uno solo dei due aspetti. È un lungo viaggio ma il biglietto è già timbrato!
Sei aperto alla sperimentazione?
La sperimentazione ci aiuta a capire quanto siamo disposti ad esplorare. Sono aperto a nuove idee, tecnologie, punti di vista differenti, nuovi suoni, collaborazioni. Sperimentare ti aiuta ad uscire dal tuo mondo personale, è una crescita doverosa per capire quale sia la strada migliore.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso le tua canzoni?
Respirare! Vorrei che tutti, ascoltando le mie canzoni, facessero una ricerca personale, quasi spirituale, guardassero dentro se stessi. Le mie storie rappresentano il trascorso e le esperienze di tutti. Mi piacerebbe che ognuno facesse un’analisi della propria vita e che fosse stimolato ad andare avanti. In pratica, semplicemente un messaggio di positività. Ogni contenuto malinconico credo che possa servire ad esorcizzare la vita difficile e frenetica che al giorno d’oggi rischierebbe di distruggerci.
Autoproduzione oggi. Qual è la tua visione?
Oggigiorno autoprodursi è diventato molto più semplice, per fortuna. Credo che sia un bene. Allo stesso tempo, però, non bisogna perdere di vista il discorso della qualità. Se non si hanno delle solide basi, affidarsi in ogni caso a professionisti è fondamentale. Purtroppo major ed etichette varie non investono più sugli artisti, si aspettano più un prodotto finito. Sarebbe bella, durante i live, la presenza interessata di qualche rappresentante del settore, una sorta di talent scout, cosa che non succede più forse dai primi anni ’80. Sono un sognatore, lo so.
Quali sono i pro e i contro del web e i social nell’attività di un artista?
I social sono la chiave per farsi conoscere da un vasto pubblico in maniera diretta ed immediata. A costo zero, chiunque può “linkare” il proprio lavoro. C’è da dire che, a mio avviso, il rischio che si corre è quello di trovare così tanto materiale da oscurare un artista valido che ha pochi “like” rispetto ad un altro più popolare ma qualitativamente meno interessante. Basta comunque un po’ di sana critica e buonsenso.
Come vedi il futuro della musica?
Mi piacerebbe dire che vedo il futuro della musica roseo. Il futuro è sempre nelle mani delle nuovi generazioni, in ogni campo. Molti sottogeneri musicali stanno prendendo piede tra i ragazzi ma, per quello che si sente in giro, sono davvero pochi i nuovi artisti che mi sorprendono. Ovviamente il mio è un discorso di massa. Per fortuna ci sono tantissimi artisti, meno conosciuti probabilmente, che mi fanno ricredere. L’educazione musicale è importante, al di là dei generi; io preferisco aspettare e sperare in tempi migliori. Essere aperti a nuove frontiere non è un male, anzi. Però, ogni tanto, rispolverare qualche vecchio “classico” non farebbe male.