Abbiamo avuto modo di conoscere le antiche origini della musica e parte dei suoi sviluppi nel corso dei secoli nel precedente articolo sulla storia della semiografia musicale. Ci addentriamo ora in un'altra branchia della musicologia di carattere storico che studia le origini antropologiche e, di conseguenza, musicali dei vari stili e linguaggi: l'etnomusicologia.

Per quanto sia una materia che studia principalmente l'antropologia e quindi come tale è prevalentemente legata alla musica di estrazione popolare, tuttavia ha saputo dare importanti spunti alla ricerca musicologica di ambito colto. L'etnomusicologia è figlia della musicologia comparata poiché in origine lo scopo della materia si poneva appunto come quello di confrontare le differenze fra le varie culture. Possiamo, quindi, definirla una materia multidisciplinare. Fra i pionieri della musicologia comparata possiamo ricordare Alexander John Ellis, Béla Bartók, Zoltán Kodály, Constantin Brăiloiu, Alberto Favara e Diego Carpitella.

Etnomusicologia

In particolare Bartók e Kodàly cominciarono a collezionare musica di estrazione popolare lasciandosi anche influenzare nelle loro opere. Brăiloiu, invece, seppe sviluppare una base metodologica. Importante sviluppo ci sarà, però, negli Stati Uniti, dove nacque l'etnomusicologia, in cui il ricercatore comincia ad affiancare il lavoro di ricerca a quello di analisi e catalogazione. A supporto dell'etnomusicologia si diffonde l'uso del fonografo. Il lavoro dell'etnomusicologo si dividerà, quindi, sia sotto l'aspetto contestuale e testuale sia melodico e di ascolto e del rapporto fra tutti gli elementi.

Tra i progressi che l'etnomusicologia ha portato alla musicologia vi è l'origine della musica attribuita al canto e lo studio della musica delle prime civiltà asiatiche e mediterranee. Si è dimostrato come, in origine con strumenti ormai in disuso, la musica abbia subito un evoluzione anche in contesti extraeuropei.

Al giorno d'oggi possiamo, quindi, notare come ormai la musica colta non è più in contrapposizione con la musica di estrazione popolare ma al contrario dal confronto con essa ne trae giovamento. Oltre ai già citati Bartók e Kodàly, ad esempio, ricordiamo altri grandi nomi della musica colta nella storia che si sono lasciati influenzare dalla musica popolare come Carl Maria von Weber, Johann Strauss padre e figlio (e la loro lunga discendenza), Gioacchino Rossini, Fryderyk Chopin, Franz Liszt, Antonín Dvořák, Bedřich Smetana, Jacques Offenbach, Georges Bizet, Johannes Brahms, Modest Mussorgsky, Gustav Mahler, Igor Stravinsky, Dimitri Shostakovich, Aram Khachaturian, Pietro Mascagni, Vincent d'Indy, Giuseppe Martucci, Sergej Rachmaninov, Isaac Albéniz, Enrique Granados, Joaquín Turina, Claude Debussy, Manuel De Falla, Maurice Ravel, George Gershwin, Francesco Cilea, Vittorio Monti, Gabriel Piernè, Darius Milhaud, Jean Sibelius, Francis Poulenc, Jean Françaix, Heitor Villa-Lobos, Leonard Bernstein, Nino Rota, Luciano Berio, György Ligeti e tanti altri nonché gli esponenti della scuola napoletana del Settecento e dell'Opera buffa come Giovan Battista Pergolesi, Giovanni Paisiello, Domenico Cimarosa e via dicendo.

Allo stesso tempo compositori prevalentemente di estrazione popolare hanno saputo "nobilitare" o arricchire i propri linguaggi musicali di appartenenza con le contaminazioni classiche, jazzistiche o altro. È il caso di Scott Joplin con il ragtime, Antônio Carlos Jobim con la bossa nova, Astor Piazzolla con il tango nuevo e tanti altri.

Oramai l'etnomusicologia si è diffusa sempre di più anche in ambito accademico sia nei Conservatori che nelle Università, divenendo scienza e oggetto di confronto con altre scienze sociali.

Articolo di Luca Mozzillo