Il musicista Akkin, chitarrista e bassista, ci racconta la sua esperienza musicale Giapponese e la sua collaborazione da turnista e in live con alcuni di questi artisti giapponesi, tra cui Mitsui Ritsuo.
Come è iniziata la tua collaborazione con Mitsui Ritsuo e come ha influenzato il tuo percorso musicale?
La mia collaborazione con Mitsui è stata una sorpresa per me perché è avvenuta grazie ad un progetto che avevo fatto al tempo, un EP strumentale, dove all'epoca suonavo la chitarra (essendo anche un chitarrista), pubblicai questo progetto e dopo qualche settimana mi contattò facendomi i complimenti e chiedendomi se fossi disposto a collaborare ad un progetto, ovviamente accettai al volo perché sono convinto (e poi si è dimostrato tale) che le occasioni vanno prese al volo, così registrai le parti di chitarra e gliele mandai. Passarono qualche settimane e mi disse che il progetto era andato a buon fine e che il brano in questione sarebbe stato usato come sigla di apertura di un anime che il mese successivo sarebbe andato in onda in Giappone. Da lì in poi ci furono parecchie collaborazioni che mi portarono all'audizione come bassista per Aimer, un artista giapponese molto amata e conosciuta in Giappone che all'epoca cercava un bassista per i suoi lavori, passai l'audizione e così sempre grazie a Mitsui registrai le parti di basso per il suo EP “Deep Down”. Da lì in poi sarei diventato ufficialmente il bassista che si sarebbe occupato di registrare i brani in studio per lei.
Puoi raccontare un po' dell'esperienza di registrare un intero disco e due EP per Aimer?
Posso assicurarti che all'inizio, quando mi fecero avere i brani e le parti da registrare, ero un po' preoccupato anche se avevo superato le audizioni, perché si trattava comunque di un progetto discografico di grande importanza visto l'artista in questione, però ho cercato di metterci tutta la passione e la professionalità per la riuscita delle linee di basso che mi erano state affidate. Tieni poi presente che il turnista è al servizio di chi lo chiama, quindi ha già una pista da seguire con partiture e direttive ben precise e non può fare di testa sua, quindi ho seguito quelle che erano le esigenze della produzione e dell'artista stesso. Per i successivi dischi la cosa è stata più o meno diversa, nel senso che la produzione ormai mi conosceva, conosce il mio sound, quindi ho avuto modo anche di “metterci” del mio nelle direttive che mi venivano date, proprio perché si è creata questa fiducia musicale... E ti assicuro che non sempre è possibile… Dipende dall'artista o dal produttore ma il più delle volte ti vengono date specificate direttive da seguire con specifiche partiture da suonare.
Come è cambiata la tua vita professionale dopo questa opportunità?
Ovviamente è cambiata tantissimo perché mi ha dato la possibilità di migliorare e soprattutto di essere professionista, cosa che oggi è difficilissimo, specialmente nel nostro paese. Mi ha aperto molte occasioni lavorative, infatti ho collaborato e collaboro con molti artisti giapponesi per i loro lavori in studio nella veste di bassista.
Come è stato il passaggio dalla registrazione in studio alle esibizioni live? C'è una differenza notevole nel tuo approccio e nella tua preparazione?
Sostanzialmente non ce ne sono state con la differenza che i lavori in studio li svolgo comodamente in casa mia nel mio studio, quindi in tutta tranquillità senza tensioni, mentre le esibizioni live sono spesso accompagnate da tensione, adrenalina, conta poi che con Aimer ho fatto un tour in arene da 15.000/20.000 persone, quindi un pò di strizza ce l’ hai. Per quanto riguarda la preparazione, parto per Tokyo un mese prima dell'inizio del tour per le prove di due settimane con il resto della band, anche se le mie parti le studio prima in modo da arrivare preparato, si preparano gli arrangiamenti insieme al direttore musicale e si finisce il tutto provando con l'artista, quindi al momento di iniziare il tour sono molto tranquillo. Ovviamente la tensione c'è sempre, sia che si suoni davanti a 10 persone che a 10.000, ma cerco di essere concentrato dall'inizio alla fine per la riuscita del concerto.
Hai avuto l'opportunità di collaborare con vari artisti giapponesi come REONA, URU, YUURI. Come gestisci la diversità di stili musicali e di personalità durante queste collaborazioni?
Il punto forte di un turnista è proprio quello di essere al servizio di chi ci chiama, il session man deve essere in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di genere musicale, anche se devo dirti che grosse differenze musicali non ci sono state negli artisti con cui ho collaborato. L'unica diversità che ho riscontrato è il modo di concepire la musica in Giappone, nel comporla, nell'esprimerla, è un concetto difficile da spiegare ma il pop, così come il rock è diverso da come lo intendiamo noi. Fortunatamente poi in Giappone c'è ancora la voglia di far suonare i musicisti sui dischi e non i programmi, quindi suona tutto molto più “Vero” se mi passi il termine.
Partecipare a canzoni utilizzate in anime è un'esperienza unica. Come affronti la creazione di musica per il genere anime?
È fantastico anche se non sono un amante degli anime, però mi è capitato di guardarne un paio in cui ho suonato e devo dire che sentire il tuo strumento all'interno di un contesto simile è appagante. Considerando il forte impatto che hanno gli anime in Giappone sapere che molte canzoni sono apprezzate mi riempie di orgoglio anche se solo in veste da esecutore. Per quanto riguarda la creazione è la stessa per i brani di un disco (anche perché il più delle volte le stesse canzoni che vengono usate per sigle sono gli stessi singoli degli artisti stessi che verranno poi inserite nei loro dischi), mi vengono inviate delle partiture già scritte dove io le eseguo pari pari. Mi è capitato di arrangiare un paio di brani per alcuni anime, ma non mi ritengo un arrangiatore.
Hai qualche rituale o abitudine prima di salire sul palco per un concerto live? Come ti prepari mentalmente per l'esibizione?
In particolare nessuno, tranne usare un cappellino durante gli show. Ho imparato ad usarlo nel mio primo live, indossarlo mi protegge dagli sguardi, anche se 20.000 persone è difficile che ti guardino in faccia, però mi rende più sicuro e ad ogni live che ho fatto lo metto sempre. Mentalmente cerco di non pensarci, molti preferiscono starsene in disparte. Per me è l'opposto, io voglio essere occupato cercando di stare in compagnia chiacchierando con qualcuno (in inglese ovviamente), cercando di tenere la mente lontano da quello che poi succederà sul palco.
Guardando al futuro, ci sono progetti o collaborazioni che sogni di realizzare? Quali sono i tuoi obiettivi musicali a lungo termine?
Onestamente no, nel senso che fino a due anni fa non mi sarei mai sognato di entrare a far parte di questa avventura musicale giapponese. Voglio dire, non ho mai neanche considerato l'idea fino a che non venni contattato, e pure all’ora stentavo a crederci! I sogni ne ho realizzati parecchi e tutti molto appaganti, ovviamente ho ancora molti obbiettivi, spero di restare ancora nel circuito del turnismo e di contribuire alla riuscita di buona musica “giapponese” ovviamente!