Raffaele Rubino è un poeta e un cantautore che vive la musica in modo libero, libero dalle esigenze del mercato musicale, mettendo al centro delle sue attività la sua felicità. Da questa chiacchierata mi viene in mente un punto interrogativo: Meglio essere libero di essere l'artista che vuoi essere o meglio essere l'artista costruito ad hoc dall'industria musicale?

Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?

“La parola è importante”… Questo mi hanno insegnato i miei genitori sin da bambino, e li ringrazio. L’uomo spesso svaluta questa sua abilità e prerogativa. La parola può tanto. Tanto di bello (emozionare, divertire, guarire, far riflettere…) e tanto di brutto (ferire, ingannare, distrarre, mentire…). Una volta “imparata bene questa lezione”, ho capito che prima della parola viene il pensiero, quindi ho deciso di coltivarlo innaffiandolo con sentimenti, logica, autenticità, libertà, onestà intellettuale, decondizionamenti, osservazione, spirito critico, coraggio. Le esperienze me le offre ogni giorno la vita e, a loro volta, queste esperienze mi offrono un ventaglio infinito di possibilità di formazione di pensieri e contenuti. Certo, la forma con cui viene espresso il pensiero, e quindi la parola, è altrettanto importante, ma per quella ci sono gli studi, le letture, gli ascolti, le esercitazioni, le sperimentazioni, i seminari, i conservatori… Tutta roba interessante, ma mai quanto la vita.

Ci parli dei tuoi progetti attuali e per il futuro?

Essere felice. E’ una cosa che va avanti da un bel po’ e non riesco proprio a smettere. Interessante andare a spulciare nell’etimologia del termine “felice”: gli antichi latini sostenevano che chi è più felice è più “produttivo” (fecondo, fertile). Pensate che il mio inconscio “produce” spesso per me, facendomi sognare canzoni già corredate di musica e testo. Comunque, lavorativamente parlando, ho fatto la scelta di non approcciarmi all’arte come a una fonte di profitto a tutti i costi: mi voglio sentire libero di esprimermi come, dove e quando sento di farlo. Così i miei progetti attuali sono: godermi la vita, l’amore, i figli (Leo e l’altro in arrivo), gli affetti, il mio lavoro sportivo, i live, le registrazioni in studio, le partite a basket, i viaggi, le notti a leggere, a scrivere o ad ascoltare musica. Per i progetti futuri non mi sto adoperando.

Qual'è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso le tue canzoni?

Non c’è un messaggio in particolare, si potrebbe parlare piuttosto di un filo conduttore che è quasi sempre la felicità, passando attraverso l’autenticità e la consapevolezza. Quanto più ciò che sono corrisponde con ciò che voglio essere, tanto più sono felice. Ed ecco che, come per magia, chi è felice rispetta, aiuta, ama… l’altro perché ama innanzitutto se stesso.

Autoproduzione oggi. Qual è la tua visione?

C’è un mare infinito di musica e di artisti… Che meraviglia di mare! I mass media ci propongono solo ciò che conviene loro proporci… Un artista, per essere scelto da una produzione che avrà poi una grande distribuzione, deve rispettare determinati canoni di forma e di contenuti… E’ evidente… C’è quasi un’omologazione, ma soprattutto c’è una manipolazione… Si manda in onda solo ciò che è stato deciso, che rientra in quei canoni… “La parola è importante''. Ma questo non lo so bene solo io, lo sa anche chi parla alle masse selezionando, quindi, “bene” la “parola” da distribuire. L’autoproduzione è, perciò, necessaria per chi, come me, vuole sentirsi libero di tuffarsi in quel meraviglioso mare senza scendere a compromessi.

Com'è il tuo rapporto con il web e i social?

Non ho mai avuto WhatsApp, né Instagram… Ho soltanto un canale YouTube dove si può trovare tutta la mia arte, info, testi, brani e poesie a sorpresa e una pagina Facebook (link alla fine dell'articolo) dove posso interagire postando tutte le mie novità artistiche più significative e invitando a tutti i miei eventi. Entrambi gli account li gestisco solo dal computer, non avendo mai voluto installarli sul cellulare. Se e quando mi accorgerò di aver bisogno di altro provvederò.

Riguardo la diffusione della musica inedita. Quali sono le difficoltà per un cantautore che vuole proporre la propria musica ai locali, club, eventi live?

E’ ovvio che i gestori dei locali puntano all’incasso. Se volevano fare cultura aprivano un museo o una biblioteca. Ciò che è triste è che oggi chi va nei locali come cliente non è più interessato all’arte inedita, ma cerca solamente intrattenimento, svago, evasione. Ma si evade dalla vita di tutti i giorni quando la vita di tutti i giorni non piace… E questo è molto triste. Vorrei ritrovarmi anch’io migliaia di followers ai concerti cantare a memoria solo le mie canzoni, accontentando così l’imprenditore di turno che mi sovvenziona, ma poi mi sveglio tutto sudato e sento di essere felice per quello che sono e per quello che faccio, e che poco importa se (perché le cose vanno come ho detto prima) a seguirmi trovo solo qualche curioso. A proposito, ne approfitto per ringraziare quei folli che scelgono di darmi voce, come voi, con quest’intervista, o quei organizzatori di eventi che, ostinati, continuano a chiamarmi. E, ovviamente, ringrazio anche quei curiosi che, continuando a seguirmi, mi danno ascolto.

Come vedi il futuro della musica?

La musica della grande industria d’intrattenimento la vedo “triste”, appunto. Oggi e in futuro. L’arte vera, come tutto ciò che è autentico, l’ho sempre vista e sempre la vedrò meravigliosamente libera.