Francesco Aubry è un cantautore italiano. Il suo ultimo EP s'intitola "Gli anni venti".
Abbiamo avuto modo di vedere la tua crescita musicale attraverso la pubblicazione di singoli fino a un EP. Cos’è cambiato dall'inizio della tua carriera? Ci sono delle differenze nel tuo modo di fare musica?
Ho iniziato un paio di anni fa suonando e arrangiando tutti gli strumenti delle mie canzoni, che è un'idea molto ambiziosa e complicata in tempi in cui la maggior parte delle produzioni sono un collage di "beat" e campionamenti. Credo che si noti molta differenza dai primi pezzi pubblicati in tal senso e sto continuando a sperimentare e ricercare un mio sound personale che possa essere riconoscibile e che possa funzionare bene a livello timbrico. Inoltre oggi affido il mix finale e mastering ad Andrea Di Giorgio che è un producer molto in gamba: è una parte troppo importante e delicata del lavoro ed ho pensato fosse giusto affidarla a professionisti specializzati in quel campo.
È uscito il tuo nuovo EP "Gli anni venti". Ce ne vuoi parlare?
Ho tantissimi pezzi e idee abbizzate, da quì la necessità di fare qualcosa in più oltre al solito singolo, ma un album poteva essere una scelta controproducente per un emergente quindi ho scelto il formato ridotto con 5/6 brani. Solo successivamente mi sono accorto che erano legati da un unico tema.
Di cosa parlano le canzoni dell'EP?
Il tema è il tempo, a volte protagonista dei testi ("Clessidre" su tutte) e a volte elemento collaterale ma sempre presente, come nel caso di "Hikikomori" che parla di questa patologia di chiusura sociale in cui il tempo sembra essere congelato e indefinito. In "Novecento" e "DNA" il tempo è un fattore nostalgico rispetto allo show business per la prima e ricordi personali la seconda. "Brandy" è la storia di una ragazza vittima di cyberbullismo che sceglie di farla finita, nell'incedere del tempo e della vita di tutti che sembrano non curarsi minimamente del dramma interiore della protagonista; in questo caso ho giocato e calcato la mano sulla sensazione di contrasto utilizzando una musica scanzonata (un Dixieland anni '20 fatto al Mellotron) rispetto a un testo per certi versi drammatico. È un brano abbastanza spiazzante che fa un po' da intro all'EP.
Da cosa hai preso ispirazione?
Musicalmente non ho riferimenti precisi ma sempre un mix di ascolti e di ciò che ho suonato negli anni filtrati in modo personale e per i testi è avvenuto tutto in modo spontaneo semplicemente osservando quello che accade intorno.
È previsto un tour per presentare le canzoni?
Al momento continuerò a perfezionare il mio sound e sperimentare cercando di fondere ulteriormente in un unica identità timbrica tutte queste influenze diverse, da quì a un anno potremmo portare in live il progetto.
Hai dimostrato molta costanza e tenacia in questi anni. Cosa ti tiene sempre motivato?
In realtà non ho bisogno di motivazioni, fare musica e scrivere è un processo spontaneo, un bisogno costante che non necessita di essere alimentato, anzi a volte dovrei avere meno foga perché mi ritrovo con decine di progetti che aspettano di essere perfezionati e il tempo (per restare in tema con l'album!) non è mai abbastanza.