Dopo un EP pubblicato nel 2017, "Dancing in the Crisis", la band My Hopes Instilled torna sulla scena con nuovi live e nuovi brani in cantiere, tra cui "Words. Start Falling".

Com'è nata la vostra band?

I My Hopes Instilled nascono nel 2017, dalle ceneri di un vecchio progetto, grazie alla voglia di cinque ragazzi dell’hinterland udinese di dare il massimo con la musica. Quasi contemporaneamente alla band è nato il nostro primo EP, “Dancing In The Crisis”, risultato dell’unione di idee e stili diversi che poi si sono concentrati e amalgamati per un obiettivo comune: quello di esprimersi grazie alla propria musica.

Che musica fate?

Ogni volta che ci chiedono il genere che facciamo per noi è complicato rispondere. Ci facciamo incasellare in una determinata corrente musicale da chi ci ascolta, forse è quello il miglior modo per classificarci e identificarci. Dal nostro punto di vista, con questo lavoro abbiamo cercato ancora di più del precedente di lasciar da parte le etichette, ma se dovessimo proprio catalogarci in un genere potremmo considerarci parte del filone alternative/rock/post-hardcore contemporaneo con venature pop.

Quali sono state le tappe più importanti del vostro percorso musicale?

In una classifica ben precisa metteremo al primo posto tutto il tempo trascorso nel Casetta Studio, sia per il primo EP che per questo nuovo lavoro. Possiamo dire che è diventata come una nostra seconda “casetta”, gestita e portata avanti da due papà speciali, Kristian e Joey. Al secondo posto, il tour svolto tra le zone della Francia e della Svizzera nell’ottobre del 2017. Questo ci ha formati molto sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista umano: incontrare molte persone nuove durante quest’avventura ha dato il via a rapporti che per noi hanno un grosso valore. Possiamo solo dirvi di rimanere sintonizzati su tutti i nostri canali per capire a cosa ci riferiamo, ne sentirete delle belle! Ultimo, ma non per importanza, il nuovo inizio dei MHI. Nuovo modo di pensare, nuovo modo di scrivere, nuove amicizie e tanta voglia di far bene.

È uscito il vostro nuovo singolo "Words. Start Falling". Ce ne volete parlare?

L’uscita di Words. Start Falling è per noi è una sorta di rinascita, per il fatto che abbiamo cambiato modo di scrivere le nostre canzoni e di pensarle. Tutto ciò anche grazie all’entrata nel gruppo di Pierluigi, il nostro nuovo frontman e principale songwriter della band. La nascita di questo brano è singolare: è il brano più “vecchio” del lotto, visto che Pier lo aveva cominciato ad abbozzare molto prima di entrare a far parte dei My Hopes Instilled, ma una volta nel gruppo e completato, è stato chiaro che sarebbe diventato il pezzo di apertura del nuovo percorso. Il pezzo cerca di raffigurare concettualmente la paura di esternare pensieri, opinioni e sentimenti nell’era digitale. Sappiamo benissimo quanto sia facile ormai esprimere i propri pensieri da dietro uno schermo, ma nella vita reale ormai questo succede raramente in maniera sana. Parole e pensieri, a nostro avviso, quando rimangono chiuse nella mente possono creare più danni di quanto s’immagini, non trovando confronto con il mondo esterno. Insicurezza ed egocentrismo sono le caratteristiche che più vengono nutrite quando non scegliamo consapevolmente di esporre le nostre idee e sensazioni.

Qual è il messaggio che volete comunicare attraverso le vostre canzoni?

Di base pensiamo che musica comunichi molto di più delle parole. Alla fine, la lingua è comunque uno strumento codificatore ulteriore, utilizzato per far capire le proprie intenzioni; la musica invece contiene degli elementi comunicativi molto primitivi al suo interno, come ritmo, intensità, dinamica. Se non fosse così, non sarebbe possibile emozionarsi ascoltando canzoni non cantate nella propria lingua nativa. Per noi risulta importantissimo emozionare l’ascoltatore, prima di tutto con la musica, ma successivamente anche con le parole e magari poi suscitando una sua interpretazione personale delle stesse. Per i testi ovviamente prendiamo spunto dalle nostre esperienze personali, ma cerchiamo sempre di mettere in discussione le nostre posizioni. È importante per noi che chi ascolta le canzoni e legge i testi se ne vada con qualche spunto di riflessione in più, piuttosto che con qualche certezza.

Cosa pensate della situazione attuale riguardante i concerti? Avete riscontrato differenze nei live all’Estero rispetto all’Italia?

Abbiamo avuto modo di conoscere realtà diverse: ci sono posti dove la gente ha piacere di uscire a prescindere, magari perché conosce i PR, va spesso nel locale dove si tiene il concerto o così via, mentre altrove non è esattamente così. Ce ne siamo resi conto sia suonando in casa che fuori, e la cosa sorprendente è che non serve uscire tanto per trovare un ambiente molto diverso da quello di partenza, ma in fondo è anche compito dell’artista far apparire il proprio show come invitante: per noi è un gioco.

Ci sono degli artisti a cui vi ispirate per la tua musica?

Più che ispirarci, cerchiamo di fare attenzione alle sonorità degli artisti che amiamo. Potremmo citare in questo senso Bring Me The Horizon, Hands Like Houses, Slaves, I See Stars, Normandie, Deaf Havana, 1975, Greyscale, Dangerkids, Don Broco.

Quali sono i pro e i contro dell'era digitale?

Abbiamo tutto a portata di mano, un numero incredibile di possibilità su qualunque frangente, ma si rischia di non riuscire a capire quello che si cercava in principio.
Nell’ambito musicale, tra i pro sicuramente c’è un aumento di consapevolezza generale nei confronti del mercato. Se anni fa un aspirante artista era convinto che per emergere fosse sufficiente scrivere “bella musica”, doveva comunque fare i conti con innumerevoli sfaccettature prima di riuscire a pubblicizzare un prodotto ben confezionato: produzione, mixing e mastering, case discografiche, marketing, PR, booking… Tutte componenti che sfuggivano al suo controllo. Oggi invece abbiamo tutto a portata di click e quindi, nella teoria, tutto risulta fattibile.
Arriviamo poi al contro: bisogna avere un grado di conoscenza (e pazienza) non indifferente nei confronti dei meccanismi dell’industria musicale e della propria visione artistica. È sicuramente più facile accedere a determinati servizi, ma allo stesso tempo è molto facile perdersi. La cosa positiva è che comunque notiamo che la buona musica viene tendenzialmente premiata, e soprattutto comincia a essere premiato chi negli anni si è fatto il mazzo in questo senso. Ovviamente parliamo dal punto di vista internazionale.


Come vedete il futuro della musica?

Questa è una domanda alla quale sicuramente non è facile rispondere. Una cosa di cui siamo certi però è che per un artista emergente è diventato fondamentale avere una forte presenza online, con contenuti costanti e di qualità. Inoltre, la costruzione di un rapporto “vero” con le persone che lo seguono, in modo da creare una connessione e duratura (che sia virtuale o reale), resta un elemento portante della sua crescita nel mercato musicale. Quindi ci aspettiamo un futuro della musica sempre più web-based.