La musica del cantautore Walter No è un continuo viaggio alla ricerca di qualcosa. Il suo percorso è nato con un EP autoprodotto, ma è cosciente che ognuno fa il suo mestiere e quindi è aperto a collaborazioni future. Si sa viaggiare significa sapere dove si parte, ma non sapere quale sarà la destinazione. E questo il concetto del suo EP "Code sull'A1"?
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
Difficile rispondere in maniera secca. Sinceramente non ricordo bene il momento esatto in cui mi sono appassionato alla musica. Dev’essere stato comunque veramente molto tempo fa, è successo e basta, mi sono innamorato senza accorgermene come succede in tutte le storie d’amore. Credo che “respirare” molta musica in casa (mio padre è un musicista) mi abbia sicuramente abituato ad ascoltare. L’ascolto di tanta musica, soprattutto in età adolescenziale, del rock, del punk, della vasta tradizione cantautoriale italiana è stato ciò che mi ha influenzato di più nel modo di approcciarmi alla musica. Ho sempre vissuto la musica in maniera molto istintiva e ho cominciato a scrivere proto-canzoni quando ero alle medie. Mi sono sempre sentito un cantautore, nel senso che scrivere canzoni è un ruolo nel quale mi sono sempre sentito a mio agio, anche se non mi è mai piaciuta l’etichetta. Per me è stata spesso un’attività terapeutica per i miei malesseri personali prima ancora che qualcosa da condividere col resto del mondo. Sicuramente lo studio della musica e del mio primo strumento musicale, la batteria, mi ha formato moltissimo nel dare una forma al mio istinto musicale. Sono grato ai miei insegnanti per quello che mi hanno trasmesso. Batteria che ho suonato con vari gruppi nel corso del tempo e che mi ha permesso di esibirmi in tanti concerti. I componenti delle band erano spesso miei amici stretti e vivere in questo modo le prime esperienze live ha sicuramente influito nel farmi vivere l’esibizione sul palco in modo viscerale, come un momento di pura libertà e verità.
Hai lavorato a un nuovo EP. Ce ne vuoi parlare?
Certamente! Si tratta del mio primo EP, prima di allora avevo solamente pubblicato dei singoli. L’ho presentato lo scorso autunno dal vivo, in anteprima, al Pierrot Le Fou, salotto della musica d’autore romana. Tuttavia, ho rilasciato le canzoni sulle piattaforme streaming solamente un paio di mesi fa. L’EP si chiama “Code sull’A1” ed è una sorta di concept album sul tema del viaggio, visto sia come spostamento fisico che come cambiamento interiore. Ho scelto questo titolo per legare assieme canzoni nate tra Roma e Bologna, che sono rispettivamente la mia casa natale e la mia seconda casa. Infatti ho vissuto per due anni e mezzo nel capoluogo emiliano. Le canzoni sono tutte ambientate in questo spazio geografico e con il titolo dell’EP, oltre a costruire un legame metaforico tra tutte le canzoni, volevo proprio dare l’idea di un legame fisico rappresentato dall’Autostrada del Sole, che poi ovviamente può essere sostituita a proprio piacimento da un treno alta velocità o regionale. Dall’album sono stati estratti due videoclip, entrambi girati a Roma. Il più recente è quello della ballata romantica cantata in romanesco e intitolata proprio “Come Roma”. Si tratta dell’unico pezzo acustico dell’EP. Le canzoni sono ispirate alla tradizione cantautorale romana ma contengono contaminazioni molto diverse mutuate dall’elettronica, dall’itpop e dal folk. Credo che però l’ascolto rappresenti la carta vincente per comprendere un lavoro artistico, perciò non dico di più e vi invito ad andare a cercarlo sulle varie piattaforme digitali o su Youtube.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso le tue canzoni?
Per me le canzoni nascono prima come strumenti catartici, come rimedio a un’esigenza psicofisica. Così mentre sono ideate, scritte e cantate esplodono con tutta la propria forza, dopodiché, a poco a poco, una volta condivise esauriscono paradossalmente il loro potenziale catartico e diventano bene comune. Solo in quel momento risulta importante il messaggio. Credo che l’ispirazione ti folgori ma che debba anche essere aiutata da un esercizio di scrittura quasi quotidiano che ti abitui a scegliere al meglio le note e le parole giuste per esprimere un concetto che ti ronza nella testa. A ogni modo non intendo trasmettere un messaggio univoco con le mie canzoni, ma sicuramente mi piace giocare con le parole e far riflettere chi ascolta, che si tratti di immedesimarsi in una condizione emotiva o che si tratti di porsi delle domande su questioni sociali. Le mie canzoni vogliono essere catartiche anche per altri, così come lo sono per me. Mi piace pensare che qualcuno inizi a riflettere o si senta “più vivo” ascoltando la mia musica, perché credo che se è vero che la parola sia l’arma più forte, il pensiero che deve produrla deve essere un pensiero allenato e dinamico.
Autoproduzione oggi. Qual è la tua visione?
I progressi tecnologici hanno permesso a tutti, ma proprio a tutti, di produrre degli inediti con molta meno difficoltà rispetto al passato. Questo significa che almeno tutti possono dire al mondo “ci sono anche io”. E non sono d’accordo con chi dice che così c’è troppa offerta musicale, perché secondo me è sempre meglio troppo che troppo poco. Tuttavia, ovviamente, il rovescio della medaglia è lo scadimento di alcuni lavori e soprattutto il rischio di perdersi tantissima musica di qualità all’interno di quell’offerta lì. L’autoproduzione è una strada che si può percorrere, anzi, si deve percorrere perlomeno all’inizio di un percorso musicale. Solo così si possono conoscere e superare i propri limiti, faticare, crescere e farsi le ossa. Del resto è l’unica strada che ho intrapreso finora. Si tratta di un percorso faticoso che può regalare anche alcune piccole grandi soddisfazioni. Arrivati a un certo punto, però, la collaborazione con una serie di figure esperte diventa altrettanto importante. Si tratta di fasi ed esigenze diverse. Io dico sempre che un musicista non può saper fare bene tutti i mestieri da solo, quindi quando il gioco si fa duro bisogna fidarsi di chi ne sa più di te. C’è un’isteria nel definirsi “artisti” ma io preferisco definirmi un artigiano, nel senso nobile del termine. L’artigiano ha bisogno di lavorare in sinergia con altri artigiani. Se il suo prodotto è arte lo decide il pubblico che si emoziona o meno.
Riguardo la diffusione della musica inedita. Quali sono le difficoltà per un cantautore che vuole proporre la propria musica ai locali, club, eventi live?
Le difficoltà sono tante, dall’inserimento in un cartellone di eventi di un determinato locale alle spese da affrontare che raramente sono ripagate in termini economici. Sia chiaro, non credo che esista un musicista che fa musica per soldi, ma purtroppo senza risorse non si va da nessuna parte. I locali hanno ovviamente l’obiettivo di fatturare, a prescindere dal contenuto di quello che propongono. Pertanto bisogna dimostrare di essere validi e riuscire a farsi apprezzare per ciò che si è e che si canta. Ci vuole tempo, passione e dedizione nel formare una rete di contatti e acquisire fiducia da parte dei gestori dei locali e degli organizzatori degli eventi. Sono questi ultimi due fattori, infatti, a fare in modo che un club accetti o meno di farti suonare. C’è poi come dicevo il lato economico. Un musicista emergente deve affrontare moltissime spese ed è difficoltoso capire quali sono le priorità. Spesso, proponendo musica inedita può essere complicato ottenere dei cachet minimi, che permettano di rientrare anche parzialmente delle spese di cui sopra.
Quali sono i pro e i contro del web e i social nell’attività di un artista?
Il pro per eccellenza è quello di poter arrivare a tantissime persone in maniera relativamente semplice e poco dispendiosa. I due lati negativi sono rappresentati dal fatto che lo fanno anche tutti gli altri e che non ci si può permettere di trascurare mai questo aspetto, dovendo esibire un’immagine di sé sempre coerente.
Come vedi il futuro della musica?
La musica ha attraversato momenti di crisi ma ce l’ha sempre fatta. Siamo in un’epoca di grandi e veloci cambiamenti, non è facile prevedere quello che succederà da qui a pochi mesi. Comunque, posso dire che i gusti e i generi musicali vanno e vengono, ma le canzoni belle restano.