Kublai è un cantautore italiano. Ha pubblicato il suo primo album, dal titolo "Kublai".
Cos'è la musica per te?
La musica è - ed è sempre stata - per me un’occasione per cantare. Cantare è la mia prima e vera passione, è l’unica cosa che credo di saper fare piuttosto bene. Tutto il resto lo adatto a questo scopo.
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
Tutte quelle drammatiche, certamente. Ma più di tutto a formarci è la nostra disponibilità al cambiamento; se manca quella, l’esperienza può non bastare.
E' uscito il tuo primo album “Kublai”. Ce ne vuoi parlare?
Kublai è un disco a cui ho lavorato a lungo, è una sorta di concept album, se vogliamo. Due amici si incontrano e passano una notte insieme; le canzoni non sono altro che il dialogo che intercorre tra i due. Ho scelto questo titolo perché, durante la lavorazione, mi son tornati alla mente i dialoghi tra Kublai Khan e Marco Polo, ne Le città invisibili di Calvino. Lì ho capito ciò che stavo facendo.
Quanto contano secondo te la passione, la costanza e la motivazione per avviare una carriera musicale?
Contano come in tutte le attività umane. Il mercato della musica leggera al momento è saturo, le carriere sono spesso lasciate al caso e molti artisti, seppur validi, rischiano di restare sommersi. Non parlo tanto di me, ho sempre ragionato da indipendente e credo che continuerò a farlo ancora a lungo.
Qual è il messaggio che vuoi comunicare attraverso le tue canzoni?
Non scrivo canzoni per comunicare messaggi. Se pure ne avessi, e dovessi spiegarli, vorrebbe dire che non sono così bravo a scriverle.
Com'è il tuo rapporto con il web e i social?
Buono, ma non li uso da spettatore. Tengo molto al mio profilo Instagram personale, in cui pubblico esclusivamente le mie poesie. Per la musica li uso solo per informazioni di servizio, concerti, ecc…
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro della musica?
Non lo so. Una cosa è certa: la musica senza aria non ha senso. Per questo spero che la musica torni ad essere concerto, anzitutto.