Andrea Pellicone è un cantautore italiano. Porta avanti il suo progetto Andrea Pellicone Van Gogh Project, e ha pubblicato un album "Something You Should Know".
Cos'è per te la musica?
Per me la musica è la soddisfazione del bisogno di esprimere delle cose che si hanno dentro l’animo e, quindi, in funzione di questa mia personale definizione, credo che sia una delle tante forme di espressione umana come anche la letteratura, la pittura, la scultura ecc.
Quali sono state le esperienze che ti hanno maggiormente formato?
Suono degli strumenti musicali da quando avevo 14 anni. Diciamo che la mia strada musicale nasce nella mia città natale, Genova, come batterista che, come tutti i ragazzi di quella età, inizia con gli amici a suonare brani famosi prevalentemente rock e metal di Led Zeppelin, Van Halen, Iron Maiden, Black Sabbath, e tante altre rock band conosciute ai tempi della mia infanzia, gli anni ’80. Verso gli anni ’90 provo interesse, almeno negli ascolti, per il rock progressivo, in particolare Yes, Genesis, P.F.M., King Crimson, Gentle Giant. Da lì a poco mi incuriosisce anche il jazz, prendo assiduamente lezioni di armonia e batteria jazz e inizio a sperimentare mie idee armonico/melodiche con l’aiuto del pianoforte. Verso l’inizio del nuovo millennio ottengo belle soddisfazioni in questo genere, collaborando,ad esempio, con Filippo Cosentino, con il quale ho suonato dal vivo a Roma durante il tour promozionale che egli faceva in giro per l’Italia del suo primo album, “Lanes”, e poi diventando batterista della Antonio Capone Big Jazz Band. Molto mi ha dato anche il partecipare ai laboratori di musica d’insieme jazz con il M° Peppe D’Argenzio, sempre a Roma. Da lì, poi le mie vicissitudini lavorative mi portano a rientrare a Genova, quando conosco Marco Martini e Andrea Leone che mi propongono di coprire il ruolo di batterista nel loro progetto post-rock Oceans on the Moon, con i quali registro in studio un EP della colonna sonora del docu-film di Sara Reginella “Start up a war : psicologia di un conflitto” , sulla crisi del Donbass, e il recente album “Oceans on the Moon II”. E poi uno studio più approfondito della tecnica chitarristica, che sfocerà nel mio primo album solista “Crixstrix Suite” (New Model Label, 2019). Questo è il “sunto del sunto” delle mie esperienze musicali (sicuramente mi sto dimenticato qualcosa…).
Il tuo ultimo album s’intitola "Something you should know". Ce ne vuoi parlare?
E’ un concept album, in uscita anche su cd/digipack sempre grazie a New Model Label e distribuito in digitale da Dogma/METATRON, che parla dei miei sentimenti e stati d’animo legati alla tragedia del crollo del ponte Morandi di Genova, avvenuta il 14 Agosto 2018 e che ebbe 43 vittime e 566 sfollati ma non solo….Genova è una città “piccola e stretta”, e la mancanza del collegamento sia col l’estremo nord d’Italia ma anche con il ponente fino alla Francia, ha causato fortissimi disagi economici alla mia città che già “non navigava nell’oro” ancora prima di questa tragedia. C’è una canzone in particolare, “Dancing on the clouds”, cantata anche in italiano nello stesso album nella traccia “Ballando sulle nuvole”, dedicata specificamente alle vite spezzate delle vittime, il cui testo ho voluto fosse approvato dai loro familiari e il cui ricavato (per quanto pochi possano essere oggi i ricavati dagli ascolti delle canzoni) andrà totalmente alla ricerca sanitaria e scientifica dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova.
In questo album, così come nel precedente, suono tutto io ed ho mixato (io e, in parte Marco Biggi di MB’s Studio, che si è occupato, invece, totalmente del mastering) ogni singola traccia per cercare di ottenere un suono “ruvido” anni ’70, senza fronzoli o “abbellimenti” ma “come se lo suonassi davanti all’ascoltatore”, spero di esserci riuscito anche se, magari, la gente di oggi è abituata ad ascoltare musica un po’ più “impacchettata” e standard.
Quanto conta secondo te la passione, la costanza e la motivazione per avviare una carriera musicale?
Secondo le mie piccole ma reali esperienze, avviare una carriera musicale in senso stretto, cioè, come se fosse la carriera di un professore o di un dirigente o di un medico, specialmente in Italia comporta una serie di eventi preparatori già in giovane età ed anche un buon condimento di fortuna.
Mi spiego meglio. Per come l’arte è percepita dalla “persona media”, suppongo la maggior parte delle persone pensino che, ad esempio la musica, non debba essere ascoltata solo da musicisti come, del resto, la pittura non debba essere apprezzata solo da pittori, e fin qui tutto bene. Il problema è, soprattutto in questo Paese, riuscire a trasmettere il messaggio della propria arte fuori dal contesto personale, quindi andare oltre l’amico che ascolta la demo e, comunque, è già propenso positivamente nei tuoi confronti; fare conoscere quello che sai fare, dunque, a chi non ti conosce e non conosce ciò che fai. Quindi, per tornare alla tua domanda, per iniziare una carriera artistica io credo servano solide basi, sicuramente, dalle quali poi saper “pescare” ciò che più si addice al proprio modo di essere, ma non basta: in questa “giungla moderna” dove “tutti sanno tutto” e tutti dicono di fare quello che fai te, ci vuole una grandissima pazienza, autocritica, passione, carattere, positività, perché gli ostacoli alla libera espressione artistica sono mille e mille: se sei bravo e originale, dai “fastidio” a chi è già affermato e che, magari, ha i collegamenti con chi potrebbe darti visibilità, se pratichi forme d’arte nuove, trovi muri di pregiudizi e ignoranza che ti chiudono le porte senza neanche ascoltare 30 secondi del tuo lavoro….dunque, la carriera artistica è dura e non garantisce quasi nulla, a mio giudizio (da qui, anche il fattore fortuna).
Su questo, io negli anni mi sono “organizzato la vita” per poter fare quello che mi pare musicalmente ed esprimermi senza dove chiedere permessi ed approvazioni a nessuno ma stando attento alle mie certezze e sicurezze presenti fuori dalla giungla del mondo artistico e della gente che lo gestisce.
Qual è il messaggio che vuoi comunicare attraverso le tue canzoni?
Io vorrei trasmettere sensazioni e stati d’animo, “dipingere” quadri di sentimenti e pensieri materializzati in note, armonie e parole.
Nel mio primo album solista ho cercato di trasmettere le angosce, le paure e le incertezze del viaggio nella vita umana raccontando il viaggio di Crixstrix, un esploratore extraterrestre; in “Something you should know” vorrei trasporre in musica e testi il dolore, la perdita e la rabbia che mi salgono pensando alla tragedia del ponte Morandi ed al suo contesto.
In che modo il web e i social possono essere utili per l'attività di un artista?
Web e social ci permettono di arrivare in tutto il mondo in tempo reale e quindi ci danno una visibilità mai avuta prima. Però, io credo che questa “facilità di fruibilità” dia spazio anche a persone che, nella società reale, sono molto “meno” di quello che le possibilità di marketing gratuito del web fanno apparire. Credo che bisognerebbe sempre pesare, leggere e osservare con estrema critica e verifica ciò che sul web, spesso, viene “venduto” come verità assoluta.
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro della musica?
Il mio pensiero è che dal punto di vista delle possibilità tecnologiche, oggi tanti artisti abbiano modo, molto più che in passato, di far girare per il mondo le proprie realizzazioni ma penso che il frutto di ogni cosa dipenda essenzialmente dalla “fine” che fa, e, sulla musica, in particolare, spero che i nostri giovani ragazzi (e futuri adulti) si aprano mentalmente ad un ascolto più ampio, essendo già dotati di validi strumenti come il web, per poter maggiormente confrontare e documentarsi su una vastità di argomenti che, al giorno d’oggi, si possono approfondire semplicemente inserendo in un motore di ricerca semplici termini come, ad esempi, “rock progressivo”, “musica sperimentale”, “Bach” , “Mozart”, “Frank Zappa”…..