Avere cultura, studiare, rimboccarsi le maniche, fare sacrifici per la musica? Fabrizio Rapisarda ne sa qualcosa. E' un pianista e insegnante, ma è anche un appassionato di cultura, che l'ha sempre vista un pò come uno strumento per riscattarsi e trovare la propria strada, non a caso tra i suoi progetti futuri vi è la costituzione di un associazione di musica, aperta ai giovani e a chiunque ne voglia far parte.


Hai seguito due percorsi differenti: gli studi musicali in pianoforte e gli studi universitari, in particolare l’internazionalizzazione delle relazioni commerciali. Come mai questa scelta? Come sei riuscito a coniugare questi studi?


La scelta di intraprendere due percorsi di studio differenti nasce dal bisogno di allargare il più possibile il mio panorama culturale, dalla necessità di avere maggiori garanzie nel mercato del lavoro, dall’esigenza di aprirmi maggiormente al mondo, dalla speranza di potere fare di più, in più ambiti, per la musica che ho sempre sentito come una missione. Coniugare gli studi è stato molto difficile perché interfacciarsi con un approccio serio alla musica è significato dedicarmi ogni giorno diverse ore, che diventavano 8-9 in regime di esami o di concerti, all’esercizio. A questo bisognava naturalmente sommare lo studio delle varie materie e la frequenza dei corsi universitari. Gli anni dedicati allo studio sono stati così frutto di grandi sacrifici e di grandi compromessi. Spesso mi alzavo presto la mattina e studiavo intere notti per riuscire ad assolvere pienamente a ogni dovere accademico. Non esisteva riposo e le canoniche vacanze erano semplicemente un momento per far di più e meglio. Sono riuscito a coniugare questi studi grazie agli stimoli esterni che potevano essere il sostegno della famiglia, di mia madre in particolare, la stima degli insegnanti, le parole di un ascoltatore, ma grazie anche a stimoli interni come il desiderio di suonare o il bisogno di far bene che ho sempre sentito come responsabilità perché il contributo più bello che possiamo dare al mondo è quello di dare sempre il meglio di noi nello studio, nel lavoro, in ogni ambito, in ogni relazione.


Quali sono state le tue esperienze musicali più significative?


Le mie esperienze musicali più significative sono state quelle in cui ho visto il pubblico, un gruppo di ascoltatori, a volte anche una o due persone, contente per la musica che hanno ascoltato. La musica è uno straordinario momento di condivisione non solo della letteratura musicale proposta in concerto, ma del proprio pensiero interpretativo e, per certi versi, della propria creatività, della propria essenza, della propria sensibilità artistica. Ricordo con piacere diverse prove e alcuni concerti tenuti con orchestra o in formazione cameristica. La musica d’insieme educa all’ascolto e all’interazione armoniosa. Non esistono protagonisti, ma ogni strumento ha pari importanza e dialoga con l’altro. Credo che un quartetto o un quintetto sia, per antonomasia, la metafora più bella della famiglia così come l’orchestra credo sia una buona metafora di una società che funziona, perché la musica d’insieme nasce dal rispetto di regole condivise da tutti ed è sempre sinonimo di un luogo dove si vive in “armonia” anche nella dissonanza, dove ci si assesta gli uni con gli altri, dove ci si sostiene gli uni con gli altri, dove ci si ascolta tutti. Ricordo con piacere i concerti per pianoforte e orchestra k. 414 e k. 415 di Mozart, tenuti un po' in giro per l’Italia, perché sono state le mie prime esperienze musicali in orchestra che ho condiviso con un pubblico attento e sensibile. Allo stesso modo mi piace ricordare il concerto per pianoforte e orchestra in fa minore bwv 1056 di Bach che ho tenuto in presenza di un allievo, di alcuni colleghi, e degli intervenuti. Altra esperienza molto bella è stata il concerto da solista che ho tenuto nella mia città, Catania, a chiusura dei miei studi. Portai un programma che mi assorbì completamente e fui felice del lusinghiero riscontro del pubblico intervenuto. Altro concerto che ho a cuore di ricordare fu quello tenuto nel lontano 2006 perché assai caro fu uno spettatore, Cirino, che mi dedicò una splendida poesia. Ecco, non c’è cosa più bella di regalare un’emozione, uno stato d’animo, un tocco di serenità, qualcosa di bello a chi ci ascolta.


Ci vuoi parlare dei lavori che hai pubblicato e dei progetti futuri?


Certamente, con piacere! Uno dei lavori riguarda una pubblicazione dal titolo “Nutrire il Pianeta” avente ad oggetto il tema della relazione tra musica e cibo nella storia fino ai giorni nostri. È curioso sapere, ad esempio, come la musica classica, specialmente quella di tipo mozartiano, riesca ad avere effetti positivi non solo sull’uomo, ma anche sugli animali e sulle piante. Un altro lavoro riguarda, invece, alcune composizioni scritte per pianoforte (Reminiscenze Op.1 e Sei Piccoli Pezzi Op.2) che sono state immaginate per studenti ma che possono essere eseguite da tutti, grandi e piccoli. Sono composizioni che alternano temi di fantasia a temi sintetizzati dalla tradizione popolare o operistica italiana. Questi vengono per così dire soggettivizzati e riproposti secondo un linguaggio intimo e perlopiù destrutturato. Riguardo i progetti futuri sarebbe sicuramente interessante potere far nascere un’associazione in grado di pubblicizzare il più possibile la musica, specialmente quella d’arte. Si tratta di un’associazione che abbia il fine di mettere in contatto gli amanti della musica, un’associazione che sia per tutti, che dia spazio al confronto, che sappia valorizzare i giovani talenti e chiunque si approcci alla musica a qualsiasi titolo. Che possa essere luogo di incontro per tutti i ragazzi che non hanno le risorse per studiare musica, che possa favorirne l’inserimento nel settore musicale tramite l’organizzazione di concerti, saggi, conferenze. Ho sempre creduto che la musica sia per tutti. Chissà, magari un giorno nascerà. A tal proposito colgo l’occasione per invitare chiunque fosse interessato a prendere parte di questo progetto che ancora esiste solo sul piano delle idee.


Sei insegnante. Come si svolgono le tue lezioni?


Le mie lezioni di pianoforte sono principalmente di tipo individuale. Una volta alla settimana, invece, con i miei allievi tengo lezioni di musica d’insieme.


Qual è il messaggio che vuoi trasmettere ai tuoi allievi?


Il messaggio che vorrei trasmettere ai miei allievi è semplice. La musica è un’arte meravigliosa perché non educa alla sola bellezza, ma al rigore, alla disciplina, al rispetto, all’armonia, allo spirito di sacrificio, alla creatività, all’ascolto più di ogni altra cosa. Credo fermamente che l’ascolto di una buona musica, così come la lettura di un buon libro, educhi a sani valori e renda tutti, soprattutto i giovani, persone migliori. Per gli antichi greci, ad esempio, la musica aveva un ruolo importantissimo nella formazione e nell’educazione alla virtù. Centrale era, infatti, la dottrina dell’ethos secondo la quale la musica incide in senso positivo o in senso negativo sul carattere e sull’animo degli uomini con rilevanti conseguenze anche sul funzionamento della società. Furono tanti i filosofi che scrissero in merito: Platone, Aristotele, Damone. Andando a oriente, lo stesso Confucio nel Li-Ki sosteneva che la musica aveva la capacità di cambiare i costumi dell’uomo: di renderlo migliore oppure di corromperlo. Affermava inoltre che per sapere se un popolo fosse ben governato e avesse buoni costumi occorreva ascoltarne la musica. Beethoven considerava la musica come rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia. Aggiungeva inoltre che chi penetra il senso della sua musica può liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini. Credo inoltre che la musica educhi non a una professione, ma a un vero e proprio stile di vita. In questo mi trovo in linea col pensiero di diversi grandi maestri del passato e dei giorni nostri, Baremboim e Michelangeli per esempio. Quest’ultimo sosteneva che “essere un pianista e un musicista non sia una professione ma una filosofia, una concezione di vita che non può basarsi né sulle buone intenzioni, né sul talento naturale. Bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile”.


Fai anche didattica online? Qual è la tua visione?


Non faccio didattica on line perché credo che sia davvero difficile trasmettere e insegnare musica in modo virtuale. Sicuramente l’ambito del virtuale rende facilmente accessibile e fruibile un servizio educativo in qualsiasi momento, specialmente se si tratta di lezioni preconfezionate. È anche vero, però, che nell’insegnamento della musica il confronto personale e l’interazione diretta sono necessari. Potrei, però, aprirmi a questo “nuovo” canale. Colgo la vostra domanda come importante spunto di riflessione.


Quali sono le opportunità per avviare una carriera musicale nella società attuale?


Le opportunità per avviare una carriera musicale nella società attuale variano in base allo strumento che si suona e allo stato nel quale ci si trova. È, però, possibile generalizzare dicendo che oggi non è semplice avviare una carriera musicale di successo per diverse ragioni. Bisognerebbe, prima di tutto, iniziare lo studio della musica in tenera età, preferibilmente su un buon pianoforte. Uno studio tardivo diminuirebbe le chances per affermarsi. È, inoltre, importante avere passione per la musica e molto spirito di sacrificio. Studiare musica, pianoforte in particolare, significa spesso isolarsi. Un ragazzo che si avvia allo studio della musica aggiunge ai compiti scolastici ore di studio pomeridiano sullo strumento. Questo significa, spesso, studiare tutto il giorno. In secondo luogo, molto importanti sono gli insegnanti. Avere buoni insegnanti significa non solo avere una buona preparazione, ma opportunità di esibirsi in pubblico se si è studenti meritevoli. In terzo luogo, è importante proporsi, farsi conoscere, creare contatti, pubblicizzarsi. È dunque importante essere imprenditori di sé stessi. Sembra brutto a dirsi, ma un concertista è un prodotto così come lo è la sua performance e bisogna essere appetibili sul mercato. In quarto luogo, un ottimo trampolino di lancio nel mondo del concertismo è rappresentato dai concorsi. Spesso vincere un concorso importante come il Busoni, il Chopin, il Beethoven, il Queen Elizabeth, il Venezia, per citarne alcuni, significa lanciarsi nel mondo concertistico e avere molta pubblicità. Si tratta, però, di una strada molto difficile perché la competizione è internazionale e alta per tutte le età. Allo stesso tempo un’altra strada che si può percorrere è l’abitudine alle esibizioni. È importante suonare per abituarsi al pubblico, per allenare la memoria, per abituarsi all’autocontrollo e a gestire le emozioni, fin da piccoli. Potrebbe rivelarsi una strategia vincente. In merito alle opportunità di tipo esterno, cioè quelle che non dipendono da noi, bisogna dire che un ruolo importante lo ricoprono le amministrazioni di ogni livello di governo. Molte volte ho visto la predisposizione di eventi o stagioni concertistiche lasciate all’iniziativa privata. Quando invece si tratta di amministrazioni pubbliche, mi riferisco specialmente alle piccole realtà comunali, la proposta e la qualità degli eventi concertistici dipendono molto dalla sensibilità artistica della giunta comunale, dell’assessorato alla cultura e allo spettacolo in particolare. Mi è capitato ad esempio, alcuni anni, di vedere opere meravigliose all’interno di teatri che portano il nome di grandi operisti italiani. Altri anni, invece, negli stessi teatri ho visto stagioni fatte di sola prosa o addirittura sfilate di moda che poco si addicono al teatro d’opera. È un po' come utilizzare le università per fini ludici e non culturali. Esistono, invece, realtà che mantengono alta, negli anni, la qualità delle stagioni proposte, ma naturalmente ciò accade laddove la direzione artistica dei teatri è affidata a persone competenti e di una certa sensibilità alla cultura. Credo che le amministrazioni comunali rivestano un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura e credo che siano degli ottimi trampolini di lancio per i giovani talenti. Dare spazio alla cultura e ai talenti locali dovrebbe essere un must. Spesso, invece, si preferiscono i grandi nomi, si portano nelle piazze interpreti con cachet cospicui. Ciò soffoca i musicisti emergenti. Occorre dare ai giovani l’opportunità di esprimersi per farli crescere. Inoltre, spesso si porta nelle piazze musica commerciale, musica di massa. Anche quella sicuramente è un genere interessante però, credo, che bisogna educare la cittadinanza anche alla cultura, alla musica jazz, alla musica d’arte perché l’Italia ha fatto la storia della musica nel mondo e ancor oggi è riconosciuta e apprezzata, tra le tante cose, anche per questo.


Come vedi il futuro della musica?


Il futuro della musica lo vedo positivo perché sono molto fiducioso. Le cose belle durano. Concludo con una frase di Nietzche: “Senza la musica la vita sarebbe un errore”.