Dopo numerosi live all'attivo in importanti festival e locali, la band Five Quarters ha pubblicato un EP ‘’Let The Story Begin’’, che presenta canzoni inedite scritte in inglese, e ha tanti live in programma. Fondamentale per la band è la sperimentazione di nuove idee per crescere musicalmente.
Fai parte della band Five Quarters. Quali sono le esperienze più significative che avete fatto insieme?
L’ultimo anno è stato ricchissimo di esperienze, con quasi cinquanta live tra Lombardia e Nord Italia, coronati dall’esibizione sul main stage al Pistoia Blues Festival. Dopo un lungo percorso abbiamo vinto il contest nazionale Obiettivo Bluesin, conquistando il titolo di Miglior Blues Band Italiana Emergente su oltre 300 gruppi partecipanti. Abbiamo suonato nei teatri, su palchi prestigiosissimi e in localini dove è già un miracolo incastrarsi tutti e nove, ma ogni sera è un’esperienza diversa e unica nel proprio stile. Bruce Springsteen dice: “la band è quel luogo in cui 1+1 fa 3…”. Non poteva dare una definizione migliore.
Ci parli dell’ultimo EP che avete pubblicato?
Let The Story Begin, uscito il 19 gennaio 2019, è il nostro secondo lavoro in studio. Sono 5 brani scritti da noi, tutti in inglese. La sfida era quella di rendere in studio l’energia e la groova dei live, direi che ci siamo riusciti. Abbiamo registrato in poco più di una settimana, agli Auditoria Records. Il risultato è ancora meglio di quanto ci aspettassimo, spero che chi lo ascolta da fuori possa dire lo stesso.
Quali sono i progetti per il futuro?
Continuare su questa strada: tanti live, conquistare nuovi fan e crescere musicalmente come band senza abbandonare il sound che ci caratterizza. Nel frattempo continuiamo a scrivere, abbiamo un paio di idee che potrebbero svilupparsi bene. Stiamo lavorando a qualcosina anche in italiano… why not?
Autoproduzione oggi. Qual è la tua visione?
Molti gruppi (noi compresi) scelgono di, o sono costretti ad, autoprodursi. In alcuni casi questa alternativa può rappresentare una valida soluzione e addirittura un punto di forza, tuttavia non deve diventare una questione di principio. Meglio soli che mal accompagnati, ma meglio ben accompagnati che soli.
In che modo come band vi rapportate al web e ai social?
Il web è una risorsa fondamentale perché permette di far arrivare la propria musica a chiunque. Ci stiamo accorgendo strada facendo di quanto sia importante la comunicazione sui social. Non dimentichiamoci però che la musica si fa sui palchi, davanti alle persone. Il momento fondamentale resta sempre il live.
Cosa pensi del panorama della band attuali? Meglio una Tribute band o una band che fa brani propri?
In questo momento in Italia vedo molti ottimi artisti che riscuotono un discreto successo. Manca però un nome di spicco che unisca la musica suonata al grande pubblico, riportando il rock fuori dal contesto “indie” dove si è spontaneamente relegato. Riguardo alle cover band penso sia impossibile fare musica senza metterci qualcosa di proprio. Ognuno ha delle radici dalle quali non può e non deve separarsi. Ma devono essere un punto di partenza, non di arrivo.
Come vedi il futuro della musica?
Premettendo che siamo una band di nostalgici, non bisogna fare l’errore di piangersi addosso paragonando la scena musicale di adesso con quella di trent’anni fa. La musica (quella vera) non è finita e ci sono moltissimi gruppi, anche europei, che la portano avanti con lo spirito giusto. Dopo un concerto, Buddy Guy mi ha regalato un suo plettro. C’è scritto “The Blues Is Alive And Well”. Noi ci crediamo.