Tutti possiamo fortunatamente godere dell'immensa possibilità dell'ascolto della musica. Ovviamente negli ultimi decenni sempre di più grazie gradualmente ai sempre più potenti mezzi di comunicazione e riproduzione. In passato tale possibilità era relegata a pochi luoghi e per poche persone, escludendo la musica popolare di tradizione orale. E per lo più era quasi un privilegio di chi possedeva una formazione musicale. Quest'ultima era senza dubbio complessa e variegata ma necessaria, non meno di quanto lo sia tutt'ora. E le necessità hanno portato ad uno sviluppo graduale di tanta metodologia teorica e pratiche musicali. Una di queste, che costituisce un vero e proprio pilastro formativo, è la pratica dello studio del solfeggio.
Esso, per quanto perlopiù ad impatto possa sembrare relegato allo studio della sola musica scritta, costituisce l'analisi e lo studio propedeutico alla pratica strumentale e restando nel tempo la pietra fondante dell'esecuzione, della composizione o della direzione d'orchestra. Si basa quindi sulla conoscenza dell'intero linguaggio della musica. Tanti sono coloro che solo in Italia hanno legato il proprio nome anche allo sviluppo di un prezioso studio che ha portato all'elaborazione di una valida metodologia a riguardo usata nei conservatori: Pasquale Bona, Nerina Poltronieri, Ettore Pozzoli, Letterio Ciriaco.
Andremo quindi ora ad addentrarci nella storia e caratteristiche del solfeggio.
Innanzitutto la parola "solfeggio" deriva da "solfa" (termine composto dall'unione delle note sol e fa). Consiste nel leggere ad alta voce con accompagnamento di movimento delle mani, una per la divisione e l'altra per la suddivisione, ed a tempo le note di uno spartito musicale.
Può essere svolto anche con lettura ritmica o cantata. In quest'ultimo caso, legandolo magari anche al dettato melodico o armonico, si può parlare dello studio dell'ear training volto allo sviluppo dell'orecchio relativo. Con il solfeggio parlato e ritmico per mantenere il tempo si richiede l'ausilio del metronomo. Per il solfeggio cantato e il dettato melodico e/o armonico invece è richiesto l'ausilio del pianoforte. Sempre per il solfeggio cantato può essere utilizzato il metodo della solmisazione relativa (o sistema del do mobile), risalente ai tempi di Guido d'Arezzo e usata tra gli altri da Kodaly e Roberto Goitre, che prevede la lettura con un'analisi della melodia e rende più semplice il riconoscimento degli intervalli dato che lo stesso intervallo viene denominato allo stesso modo in tutte le tonalità.
Mentre invece il più diffuso metodo in Italia usa leggere cantando con il nome dell'altezza dei suoni. L'ear training invece mira allo sviluppo dell'orecchio relativo arrivando a rilevare e identificare toni, intervalli, melodie, accordi, ritmi, solfeggi e altri elementi di base della musica esclusivamente tramite l'udito. Esiste anche chi, senza alcun riferimento, è in grado di percepire ugualmente il tutto. In questo caso si parla di persona dotata dell'orecchio assoluto.
Il tutto si accompagna allo studio parallelo della teoria musicale.